sabato 13 settembre 2014

Solitudine

Aveva intuito nettamente che la donna era sola. La conosceva a malapena, come lei stessa aveva puntualizzato, ma qui non si trattava di seguire le regole della razionalità euclidea, e anche se c'era il rischio concreto che tutto quanto non fosse altro che una patetica proiezione della sua mente, questa, lui scriveva, era la materia di cui era fatta la sua solitudine...

La solitudine era portatrice di guai. La solitudine era lei che dipendeva dalla caffeina, lei che aveva sonni disturbati senza sogni, lei che saltava da un libro all'altro senza finirne nessuno. Era come una cattedrale bombardata. Come assistere, non senza un sottile piacere, alla demolizione di un edificio abbandonato. Strane nuove abitudini, strani nuovi interessi, il sistema nervoso allo scoperto, dove tutti lo potevano vedere, invece che dentro, dove dovrebbe stare. La solitudine era mangiare quanto basta per non svenire durante il giorno. Era monitorare continuamente i contatti sullo smartphone. Era buttarsi in imprese velleitarie, inseguire fantasmi. Ruminazioni senza fine. Domande galleggianti. Congiure architettate contro di lei, forse solo nella sua mente. Paure allo stato solido. Fughe.
Questa è la materia di cui era fatta la sua solitudine.
Era diventata un'altra persona, e ora era pronta.

Nessun commento:

Posta un commento