venerdì 13 settembre 2013

Minimalia - 2

Selezione di appunti, frammenti, visioni liberamente tratte dalla pagina Facebook del blog
(23 luglio 2013 – 12 settembre 2013)

Recupero della sovranità monetaria e revisione strutturale del sistema della spesa pubblica: SIMUL STABUNT, SIMUL CADENT.

Chi afferma "ricominciamo a stampare le lire, poi faremo le altre cose: dimezzamento della pressione fiscale, semplificazione degli oneri burocratici, ripristino dei controlli preventivi di legittimità sugli atti pubblici, investimenti statali per favorire la ripresa strutturale e non per creare lavoro buro-indotto, etc." non sostiene forse una posizione CAPOVOLTA, ma specularmente MOLTO SIMILE, a quella di chi raccontò "cominciamo dall'unione monetaria, poi faremo le altre cose: l'unione fiscale, politica, etc."?
Entrambe le posizioni assegnano a una specifica moneta POTERI TAUMATURGICI.

Il DEMENZIALE ABUSO dell'imposizione fiscale diretta e indiretta, il DEMENZIALE ABUSO dell'indebitamento privato, il DEMENZIALE ABUSO di posizione dominante nella gestione dei servizi essenziali in mano a Oligopoli o Monopoli: tutti questi fattori concorrono a generare INFLAZIONE.
Suddetta INFLAZIONE, con buona pace di Monti & Co., è perfettamente, e dolorosamente, COMPATIBILE con la DEFLAZIONE SALARIALE, ossia l'abbassamento dei livelli retributivi (per l'esattezza, in quelle vaste aree del mondo del lavoro dove non sono, o non sono più, PROTETTI).

Con 8.500.000 voti, il 25% alle politiche, in Parlamento M5S conta poco o nulla.
Già, però anche il Parlamento nel suo insieme conta poco o nulla, dato che è da parecchie legislature che le leggi le fa il Governo (su delega o per decretazione d'urgenza).
Già, però anche il Governo, nella cornice attuale dell'Eurozona, conta poco o nulla, se per "contare" si intende qualcosa di più e di diverso dall'aumentare imposte o travasarle da un contenitore all'altro.

A che cosa ci dobbiamo aggrappare, oggi?
All'onestà intellettuale, al disprezzo per la demagogia, alla fatica del concetto, al pragmatismo.
Sono queste, oggi, le posizioni davvero RIVOLUZIONARIE.

La classe politica e dirigente che per malafede (e in parte, forse, anche per ignoranza) ha "svenduto" il tessuto produttivo sano del Paese all' "eurosistema" è LA MEDESIMA che avalla lo stato di polizia fiscale montiano e si tiene ben stretta - per interessi di bottega - il peggio della burocrazia interna, arroccata nei suoi intoccabili privilegi, le molteplici forme di parassitismo locale peraltro cresciute esponenzialmente in regime di eurozona: come è stato implementato nel recente passato da codesti governanti - senza che, è pacifico, vi fossero costretti dal vincolo esterno - il principio di sussidiarietà, raccomandato dai trattati europei, nella proliferazione delle società partecipate? Davvero non ci sarebbero margini di manovra dentro l'eurosistema? Peraltro si devono additare e perseguire continuamente capri espiatori (gli evasori fiscali, addirittura i tassisti come problema nazionale, memento...) o escogitare provvedimenti risibili (lavoro) o nuove alchimie contabili. Non si possono quindi dispensare in giro ASSOLUZIONI usando il vincolo esterno come ALIBI, altrimenti ci si risveglierà fregati più e peggio di prima. E' evidente che consegnare l'eventuale sovranità monetaria a QUESTA truppa parlamentare-governativa non risolverebbe UN SOLO problema strutturale del Paese, e non è detto che non ne creerebbe di nuovi...
(per quelli che potrebbero accorgersi di stare lavorando per il nemico)

Il rapporto tra Stato e Mercato deve essere ricostruito da capo. Attualmente stiamo sperimentando il peggio di entrambi.

La modifica all'art. 138 Cost. vorrebbe portare l’intervallo delle delibere delle due Camere da tre a un solo mese; accorciare quindi i tempi previsti per l'approvazione di una legge costituzionale.
Perché mai? Come al solito, si parla d'altro per non parlare delle questioni reali.
Il punto, ancora una volta, non sono le procedure, ma le idee, la sostanza delle cose: quando hanno voluto modificare la Costituzione (Riforma del Titolo V, art. 81 per "l'equilibrio di bilancio") l'ampio consenso parlamentare previsto dall'art. 138 è stato trovato senza grossi patemi. Peraltro, il Parlamento è afflitto da una cronica incapacità di legiferare, l'attività legislativa di fatto è trasferita da tempo al governo, su delega o attraverso decretazione "d'urgenza" poi ratificata dalle due Camere. L'art. 138, con questo vulnus della democrazia rappresentativa, non c'entra nulla.
Allora perché mettere mano proprio oggi a quell'articolo? Esso rappresenta, comunque, la roccaforte grazie alla quale la Costituzione difende se stessa da manipolazioni troppo facili.

"Ristrutturazione del debito pubblico" è un'espressione molto educata, patinata, cosmetica, che fa pensare a qualcosa di buono, come quando si ristruttura una casa, per ammodernarla, metterla in sicurezza, migliorarla.
In realtà, all'interno dell'euro, significa bancarotta certa.
Fuori dall'euro, significa svalutazione massiva della moneta, la quale non è facilmente prevedibile se comporterebbe o no la bancarotta.
In entrambi i casi, "ristrutturare" non è cosa gradevole, né auspicabile.

B. come "imbucato" al party della sinistra eurista: doveva rovinarla, la festa; in realtà si è rivelato un intruso assai comodo come "nemico pubblico numero uno", impareggiabile arma di distrazione di massa. Oggi, tra Forza Italia Reloaded e Lega riformattata in chiave "anti-euro", dà la sensazione, ancora una volta, di poter vincere alle urne a mani basse, tra lo sconcerto dei benpensanti, per poi - chissà - trattare la non-belligeranza con il Pude talebano...
Gli italiani sono assuefatti alla tifoseria, non c'è golpettino che tenga: indimenticabile quello sotto spread del "FATE PRESTO!", con tanto di festeggiamenti di piazza; poi sono arrivati i tecnici, quelli veri...
NO APOLOGIZE for B., BUT... che la sinistra eurista se lo tenga ben stretto: senza di lui, come potrebbe farcela, nonostante tutto, a tirare avanti?
Ma allora... la sinistra NON-eurista? MISSING.
E d'altronde gli italiani di quell'altra cosa là, che comincia per C..., qualunque sia la forma partitica assunta da un'eventuale sua reincarnazione, l'hanno fatto capire più di una volta: non ne vogliono proprio sapere.

La CERTEZZA DELL'IMPUNITA' è il sostrato psicologico, la "tonalità emotiva" di tutti coloro che negli ultimi vent'anni almeno hanno partecipato e contribuito, in cambio di credibilità internazionale e posizioni di potere e prestigio, allo smantellamento dell'Italia. Perfette nullità collaborazioniste, messe sugli altari a Roma per un annetto o due a "riformare" su commissione, spesso e volentieri con l'aura dei "tecnici", e poi lasciate scivolare, a missione compiuta, nel dimenticatoio mediatico.

Ecco il "grandioso disegno dell'Unione Europea": anzitutto, grazie a un partito collaborazionista, sottrarre il ciclostile all'intera classe politica nazionale, così da costringerla a raccattare soldi in giro elemosinando, vessando, tartassando, sforbiciando, a seconda dei casi; fino al punto di farle perdere il consenso persino dei tradizionali allevamenti di voti, non più nutriti a sufficienza; così da forzarla a mollare - essendo ormai da un lato definitivamente invisa all'intera popolazione stremata e dall'altro allettata da ruoli chiave nelle svendite interne e negli affari internazionali - la restante sovranità nazionale (il che sarebbe pure visto come "liberatorio" dalla popolazione) a... A CHI?

La Costituzione della Repubblica Italiana, nel Titolo III sui Rapporti Economici (artt. 35-47), non propugna "la lotta contro il capitalismo tout court", e non può essere forzata su tale posizione, a meno che non si vada a precisare esattamente di "quale" capitalismo si sta parlando.

Un'assemblea costituente europea è impossibile per il semplice fatto che non esiste un potere costituente popolare europeo.

Non esiste un'entità identificabile come "il popolo europeo". Esistono piuttosto popoli europei eterogenei, ancor oggi - in maniera più o meno "politically correct" - reciprocamente indifferenti se non ostili, che hanno passato secoli e secoli a scannarsi a vicenda.
Manca quindi il presupposto fondamentale per una governance unica europea democraticamente legittimata ad attuare politiche comuni o coordinate economiche, industriali, fiscali, del lavoro.
Si procede al contrario, a passi spediti, verso una governance unica europea minima o pro forma, e alla liquidazione delle sovranità nazionali a favore di soggetti sovranazionali "non politici".

Il processo avviene attraverso il superamento - per rigetto da parte del corpo elettorale - delle classi dirigenti politiche nazionali, messe nelle condizioni non di potersi più perpetuare come macchine per la costruzione del consenso tramite la spesa pubblica a debito, bensì ridotte al ruolo di privilegiati e implacabili esattori.
In questa prospettiva, M5S svolgerebbe in Italia la funzione di "facilitatore" del processo.

Un'obiezione di fondo all'economia pianificata di Stato è che, storicamente (ulitmi trent'anni?), la dirigenza politica nazionale, per combinazioni di interessi e meccanismi di selezione interna, si è dimostrata del tutto incapace di tutelare o programmare UN SOLO settore attualmente o potenzialmente STRATEGICO per il Paese; bravissima, al contrario, nel fare "affari" e nell'allevare sacche CLIENTELARMENTE utili al proprio tornaconto.
Perché domani dovrebbe essere diverso?
Una posizione statalista o dirigista che non sappia dare una risposta concreta a questa domanda e preferisca eluderla puntando il dito "contro il Mercato cattivo" è destinata a rimanere intrinsecamente debole.

L'unica deflazione buona è quella morta.

Continuiamo a vivere immersi in una micidiale impasse:
dobbiamo riappropriarci delle chiavi di casa, non dobbiamo riconsegnarle a QUESTI.
Una via d'uscita? Deve essere chiaro anzitutto che il nodo gordiano non si scioglie, si recide.

Una storiella pescata in Rete... uscire dall'euro è necessario, ma può bastare, senza un nuovo piano industriale, a risolvere questa situazione?
"inizio' la sua giornata molto presto, quando alle sei in punto suono' la sua sveglia MADE IN TAIWAN. Mentre attendeva che bollisse l'acqua nella sua bella teiera MADE IN CHINA, si raso' con il suo rasoio elettrico MADE IN HONG KONG. Indosso' una bella camicia a fiori MADE IN SRILANKA e un bel paio di pantaloni di marca MADE IN SINGAPORE, poi le comode scarpe MADE IN KOREA. Si preparo' un tost con il suo tostapane automatico MADE IN MALAYSIA e si mise a far conti con la sua calcolatrice MADE IN USA per verificare quanto avrebbe potuto spendere quel giorno. Sincronizzo' l'ora del suo orologio MADE IN JAPAN con il segnale orario della radio MADE IN INDIA, sali' nella sua bella auto MADE IN FRANCE e parti' - come peraltro tutti gli altri giorni - alla ricerca di un buon lavoro nella sua bella e amata Italia. Giunta sera, al termine di un'altra giornata avvilente ed infruttuosa, decise di rilassarsi un po'. Indosso' le sue ciabatte MADE IN BRAZIL, prese dal frigorifero MADE IN THAILANDIA una bella birra ghiacciata MADE IN GERMANY e accese la televisione 26 pollici MADE IN INDONESIA. Mentre osservava stancamente il notiziario CNN, pensava e non riusciva a capire per quale maledetto motivo non riusciva a trovare un lavoro in Italia."

Tesi:
la prospettiva sovranista è la sola capace di contrattaccare alla devastazione sistematica del tessuto produttivo delle PMI e del "made in Italy".

Domanda:
la Tesi incarna una posizione di destra o di sinistra?

Risposta:
mentre la Tesi è con tutta probabilità corretta, la domanda successiva esprime uno scrupolo privo di significato, utile al massimo per futili distinguo, oziose divagazioni, sterili polemiche.

Conclusione:
destra e sinistra sono categorie vuote.

Oggi "destra" e "sinistra" sopravvivono in due contesti, quello dell'elucubrazione accademica e quello propagandistico-elettorale; trattasi in realtà di categorie ormai vuote, fardelli per il pensiero, gabbie mentali per le quali sarebbe d'uopo la messa al bando dal vocabolario politico.
Il concetto di Sovranità è neutro rispetto a tali distinzioni inservibili, riferendosi a un potere o somma di poteri (o funzioni).
Il concetto di Nazione deve essere sdoganato, in quanto finalmente non più problematico: una comunità di individui che condividono elementi quali linguaggio e cultura (espressioni storiche di un grado minimo di omogeneità etnica), delimitazione territoriale (confini), riferimento a una medesima Costituzione (patto sociale).

Esiste una soglia di sopportazione collettiva all'aumento delinquen-demenziale della pressione fiscale complessiva?
Stando alle reazioni del popolo italiano, parrebbe di no.
Un giorno ci sveglieremo: le tasse dirette e indirette saranno arrivate a quota 100% dei redditi, i risparmi pregressi saranno finiti.
Impugneremo il telecomando, e seduti in poltrona davanti al televisore, apprenderemo dal Tg che sono stati istituti, per decreto legge, i pagamenti delle imposte in natura.

L'entrata nell'Euro è stata una trappola, ma anche l'uscita potrebbe diventarlo.

Chi dovrebbe gestire l'uscita eventuale dall'Euro? Perché il Come lo si farà dipende essenzialmente da questo (uscire "da destra" o "da sinistra" è una formulazione vuota del problema). Dunque, qualcuno ha in mente i nomi e i cognomi dei "gestori del processo papabili"? Quelli che partecipano all'attuale governo? Gli attuali oppositori in parlamento? I primi non lo farebbero certo spontaneamente, ma solo per conclamato calcolo elettorale oppure se costretti dagli eventi. I secondi forse pure. Dubito che entrambi non ci consegnerebbero a una situazione ancora peggiore (anche se per motivi diversi) dell'attuale.
Non ci sono scorciatoie rispetto alla costruzione, ancora possibile, di una nuova classe politica e dirigente nel Paese, la quale dovrà gestire il processo, che si imporrà come necessario.

mercoledì 31 luglio 2013

Se questi sono gli "Stati Uniti d'Europa"

Che la costruzione europea, in particolare Eurolandia (Uem), sia destinata a sprofondare nelle sabbie mobili sulle quali è stata eretta è una verità ormai nota, evidente persino alle pareti degli uffici che ospitano i funzionari di Bruxelles. Rimane tuttavia assai poco ovvia agli ostinati (eufemismo) Soloni della Sinistra Eurista, i quali continuano imperterriti a tacciare di preconcetto, miope, e sotto sotto pure fascistoide, anti-europeismo i detrattori del "sogno europeo". Questi ultimi non vorrebbero capire che i "sacrifici" imposti ai Paesi Porcelli - quelli di oggi, ma anche quelli di domani ("sinistra" profezia) - rappresentano i passi di avvicinamento, dolorosi ma obbligati, che condurranno alla soluzione finale che tutto spiega e tutto giustifica, gli "Stati Uniti d'Europa", quel Sommo Bene sempre più a portata di mano ma sempre di là da venire, prima difatti occorre ingoiare ancora un'altra "amara medicina", un altro "pacchetto di austerità".

I Soloni della Sinistra Eurista ci porgono, placidi e sorridenti, la seguente soave narrazione: non ignoriamo che nel mondo ideale si doveva partire da un'Assemblea Costituente, dalla stesura della Costituzione Europea, sancita possibilmente da svariati passaggi democratici e consultazioni popolari, ma così si sarebbe andati troppo per le lunghe; piuttosto, così le partitocrazie nazionali, dinanzi all'intuizione concreta di essere destinate a fare la fine di comitati d'affari periferici, elemosinanti e petulanti, oppure di sudditi compiacenti nei confronti della Bce, non avrebbero mollato l'osso.
Occorreva quindi partire dal fondo, dalla Moneta Unica, ovvero dal cessione della sovranità monetaria, al preciso scopo di forzare il processo...
In questo modo infatti le partitocrazie nazionali, private del "ciclostile della spesa pubblica allegra", ridotte ad incarnare l'odioso ruolo circolare di "stato debitore- stato (tar)tassatore", avrebbero loro malgrado acconsentito alla cessione della sovranità rimanente pur di garantirsi dosi adeguate di credibilità internazionale e quindi perpetuare, o incrementare, posizioni di potere nazionale o estero.
Dunque, concludono i Soloni della Sinistra Eurista con logica rocambolesca , "la strada intrapresa è sbagliata, ma finirà per portarci a destinazione".
In che cosa consisterebbe la "destinazione", ovvero l'obiettivo-destino-per-cui-agire compiendo tutto ciò che è necessario con assoluta determinazione? In altre parole, cosa dovrebbero essere gli "Stati Uniti d'Europa"?

"Stati Uniti d'Europa": un sovra-stato, posto "al di sopra" degli stati membri, forse una federazione dei medesimi; sovrano, ossia tale da esercitare quella somma di poteri e funzioni ad esso ceduti dagli stati membri (potere monetario in primis, poteri legislativo ed esecutivo in secundis); nazionale, in quanto è soltanto nel contesto di una nazione che l'esercizio della sovranità trova il proprio fondamento, la propria forza legittimante.
Sul concetto di nazione adottato, è pienamente condivisibile il definitivo sdoganamento, da residuo-spauracchio-fantoccio "teocratico" (legittimazione dall'Alto) ad entità del tutto innocua, non problematica, consistente in una comunità di individui che condividono elementi quali linguaggio-cultura (probabile espressione storica di un grado minimo di omogeneità etnica), delimitazione territoriale (confini), riferimento a una medesima Costituzione (patto sociale), fattori che sono condizioni concrete della deliberazione collettiva (esercizio democratico).
Confini territoriali, non importa quanto estesi, come elemento decisivo, addirittura costitutivo della democrazia. Come afferma Sapir, "l'esistenza della democrazia implica la chiusura dello spazio politico e questa chiusura implica una 'frontiera'".
Prima ancora, nazione come popolo, presupposto ineludibile del sorgere di quel potere costituente popolare a sua volta fatto fondativo della democrazia costituzionale. Peccato che:
" [...] i trattati di diritto internazionale che concretizzano la soggettività politica dell'Europa, non contengono neppure la citazione dell'identità sovrana di un popolo, non registrandosi alcun pronunciamento sociologico e storico degli individui viventi sul territorio Europa in tali sensi. Nè, per altro verso, si è mai registrato un "moto" culturale di tale portata da dar luogo a quel potere primario di natura Costituente che possa far ipotizzare la nascita, e poi la volontà, di un presunto "popolo europeo".
Chiara conseguenza e conferma di ciò, sta nel fatto che, mancato il potere popolare costituente come fatto fondativo storico, sociale e culturale, manca la stessa enunciazione sostanziale della democrazia costituzionale: questa, come abbiamo visto, è inscindibile dall'affermazione, come prioritario e inderogabile, del perseguimento dei diritti di libertà e dei diritti sociali degli individui che formano, a prescindere dalla estensione e demarcazione storica di un certo territorio, un tale popolo-costituente. [...]
Insomma, si può sostenere tutta la tensione idealistica di questo mondo, ma semplicemente non si può affermare la prevalenza di un'Europa che, come democrazia costituzionale, non c'è."

Ecco dunque emergere la "piccola" crepa - chiara e distinta secondo gli schemi della vecchia cara logica "classica" - nel pensiero strabico degli SSE: il popolo europeo? Non pervenuto
Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli se i Soloni della Sinistra Eurista traessero ispirazione, nell'immaginare gli "Stati Uniti d'Europa", dal modello degli Stati Uniti d'America. Quale sarebbe il fattore storico e culturale aggregativo-coagulante del popolo europeo? Quale il terreno simbolico del "sentire comune" europeo?
Insomma, quale sarebbe, stando ai Soloni della Sinistra Eurista, l'equivalente del 4 luglio? Il 7 febbraio del Trattato di Maastricht? Semplicemente patetico.

Ergo: democrazia costituzionale europea? Non pervenuta. Ergo: nazione europea? Non pervenuta.
Ma se nella costruzione europea non c'è posto per questi mattoni, "anche la sovranità è destinata a non passarsela molto bene". Da dove dovrebbe trarre infatti il proprio fondamento, la propria forza legittimante, l'esercizio della sovranità da parte di qualsivoglia organo di governance europea?
Da nulla, ovviamente.

Allora, è più probabile che i Soloni della Sinistra Eurista, anche se non sarebbero disposti ad ammetterlo neppure sotto tortura, preconizzino l'avvento del meraviglioso mondo di von Hayek, Musa indiscussa della "costruzione UE":
"[...]
Si tratta di un saggio di von Hayek, del 1939: esso ci attesta la sua chiara precognizione degli effetti del "federalismo interstatale"; a cui egli, ovviamente, e proprio perchè capace di realizzare i fini ideali con cui ritiene di modellare la società, era altamente favorevole.[...]
Con logica stringente, Hayek dimostra che una federazione fra Stati realmente diversi porta necessariamente all'impossibilità di un intervento statale nell'economia, e quindi alla vittoria di politiche economiche liberiste (il che ovviamente dal suo punto di vista è un bene). Infatti una federazione per essere stabile ha bisogno di un sistema economico comune e condiviso, e quindi della libera circolazione di merci e capitali, e questo porterà ovviamente a una perdita di controllo dei singoli Stati sulle loro economie. Si potrebbe allora pensare che il controllo statale si sposti al livello federale. Il nuovo super-stato federale si riprenderebbe quei poteri di controllo sull'economia che i singoli Stati avranno perso. Hayek risponde di no. Perché l'intervento statale sull'economia presuppone la capacità di mediare fra interessi contrapposti, di accettare compromessi ragionevoli, che non ci sono, o sono più difficili, fra popoli di Stati diversi. Come scrive Streeck riassumendo Hayek, "in una federazione di stati nazionali la diversità di interessi è maggiore di quella presente all'interno di un singolo stato, e allo stesso tempo è più debole il sentimento di appartenenza a un'identità in nome della quale superare i conflitti stessi (…). Un'omogeneità strutturale, derivante da dimensioni limitate e tradizioni comuni, permette interventi sulla vita sociale ed economica che non risulterebbero accettabili nel quadro di unità politiche più ampie e per questo meno omogenee (pagg.121-122)"

Si tratta ovviamente della stessa tesi che abbiamo sostenuto più volte nel nostro libro e in questo blog: non esiste un popolo europeo che possa essere la base sociale di uno “Stato sociale europeo”. E' impressionante la lucidità di Hayek, che aveva capito tutto questo nel 1939."

La lucidità di avere capito che gli "Stati Uniti d'Europa", fine ultimo e sogno della costruzione europea, altro non potrebbero essere che il compimento pieno e dispiegato dello "Stato minimo".
"[...]
Attinta dalla generale condanna della sua arbitrarietà, l'attività dello Stato sarà da delimitare progressivamente alla costruzione di "strade"...e alla segnaletica, mentre non è esclusa la progressiva privatizzazione, per di più in un mercato di cui si auspica la apertura "mondiale", di attività come difesa e pubblica sicurezza; queste, poi, finiscono per essere, in ultima analisi destinate a tutelare la proprietà produttiva, sul territorio nazionale come all'estero. Istruzione, previdenza e sanità sono invece nel tipico campo di elezione della "libertà" dei privati operatori economici. Lo Stato minimo ne è doverosamente escluso.
Un "punto di arrivo" indubbiamente, ma non un obiettivo che può dirsi estraneo alla strumentazione messa in campo coi trattati europei.

Che questa sia una costruzione ideale, ma non tanto (nutrendo Hayek espressamente fiducia nel fatto che "un giorno" esisteranno le condizioni politiche per realizzarla:...vi ricorda qualcosa?), e non segna alcuna fondamentale incompatibilità col disegno UE-UEM, che, come già sul piano monetario, ammette un processo strategico che utilizza strumenti di progressiva realizzazione di tale "schema ideale" condivendendone i fini essenziali.
In questa chiave "progressiva" si possono comprendere anche gli elevati livelli di tassazione: si tratta di una condizione transitoria e, naturalmente strumentale, che sconta la modifica del precedente ordine costituzionale dei welfare, mirando a farlo collassare, per rigetto del corpo sociale, mediante la imposizione del vincolo monetario (ad effetti equipollenti "in parte qua" al gold standard) e dei ben noti "vincoli" di deficit e di ammontare del debito, posti rispetto ai bilanci pubblici.
I quali, naturalmente, in una fase iniziale, pazientemente durevole, debbono "rientrare", consolidarsi, aumentando l'imposizione fiscale, prima di poter procedere, verificatesi le condizioni politiche, al taglio strutturale della spesa pubblica.
Alla fine, la gente, avvertendo come insopportabile il costo dei diritti sociali, cioè del welfare, invocherà il loro smantellamento, pur di vedersi sollevata da questa insopportabile tassazione."

lunedì 22 luglio 2013

Il futuro della Grecia è Omero

Ovulo dell'Occidente, destino dell'Occidente
le tue rive sono lorde di mare purpureo
l'alba sull'Acropoli è macchiata di sangue
la tua terra non è più terra, ma spazio aperto
le pietre lo attraversano e cozzano sugli elmetti
cadono nella polvere, li colpiscono ancora
strappano vita con le unghie, cadono infine nel fragore.

A Bruxelles intanto brindano, al grande successo dell'euro.


Contrapporre al memorandum della Troika confezionato per i servi di Grecia, all'insediamento dei funzionari di Bruxelles come padroni di casa in vista degli imminenti saldi di fine stagione, un orgoglio antico, capace di incutere un nuovo timore e una nuova venerazione; lanciare ai colonizzatori odierni un monito di grandezza e potenza, remoto e al tempo stesso prossimo venturo...

E' questo il risveglio che può essere donato, a tutti coloro che non possono non dirsi Greci, dall'Iliade di Omero.

Si compia dunque la discesa nel magma del grande poema, nella visione febbricitante e anatomica di Antonio Moresco ("Lo Sbrego", 2005 Scuola Holden BUR, pp. 37-42).

"
... E Mundio colse dappresso,
all'orecchio con l'asta: dall'altro orecchio di colpo sortì
la punta di bronzo; al figlio d'Agènore Echeclo
calò in mezzo alla testa la spada dalla grand'elsa,
e tutta intiepidì la spada di sangue; per gli occhi
lo prese la morte purpurea, la Moira crudele.

E ancora a Deucalìone, dove s'uniscono i tendini
del gomito, là il braccio passò con la punta di bronzo;
s'arrestò quello col braccio fatto pesante,
e vide vicina la morte; Achille con il pugnale gli troncò il collo
e lungi con tutto l'elmo gettò il capo; il midollo
schizzò fuori dalle vertebre e il tronco giacque a terra disteso.


... così sotto Achille magnanimo i cavalli unghie solide
calpestavano insieme cadaveri e scudi; l'asse di sangue
era tutto insozzato e le ringhiere del carro,
che colpivano schizzi da sotto gli zoccoli dei cavalli
e dai cerchioni; così ardeva di conquistarsi gloria
il Pelide, lorde di fango sanguigno le mani invincibili.


Questo modo supremo di raccontare per fulminazioni e per urti e per abbandoni cruenti e immobilità e accelerazioni. Il quadro immobile, dilatato e compresso, tutto attraversato dal dinamismo delle passioni, dei desideri e dei sogni. Il cozzo e la fusione e l'incontro delle materie corporee psicofisiche nella tragedia vivente dei corpi singoli separati. La tragedia della molteplicità e dell'unità. La freccia che vola. La punta della lancia percepita fin dentro il cuore appena sfondato.

Diede fragore cadendo, l'asta restò infissa nel cuore
che palpitando faceva vibrare il piede
dell'asta.


Grande Omero! Io mi dispero, perdo quasi i sensi se penso alla rapina di tempo e spazio su cui è stata costruita la cosiddetta civiltà umana, che adesso stiamo vedendo mentre sta sbattendo la testa contro il muro del proprio spazio-tempo immobilizzato.

Disse e meditò con ignominia contro Ettore glorioso:
gli forò i tendini dietro ai due piedi
dalla caviglia al calcagno, vi passò due corregge di cuoio,
lo legò al cocchio, lasciando strasciconi la testa,
e balzato sul cocchio, alte levando le nobili armi,
frustò per andare: vogliosi i cavalli volarono.
E intorno al corpo trainato s'alzò la polvere: i capelli
neri si scompigliarono; tutta giaceva in mezzo alla polvere
la testa...

"

venerdì 19 luglio 2013

Minimalia - 1

Selezione di appunti, frammenti, visioni liberamente tratte dalla pagina Facebook del blog
(8 gennaio 2013 – 18 luglio 2013)

Prima Legge della Scienza Politica:
Per creare un campo gravitazionale, e quindi esercitare forza attrattiva ed aggregativa, un soggetto politico deve prima possedere massa o energia.

Le parole sono importanti.
Per confonderci le idee e fregarci, ne hanno prese alcune tra le più pregiate e le hanno screditate per decenni.
Le hanno fatte ammalare.
Ora sta a noi diventare chi un medico, chi un infermiere, chi un fisioterapista, e metterci tutta la nostra intelligenza, tutto il nostro impegno, per riabilitarle:
costituzione, patria, statalismo, lira, protezionismo, politiche demografiche, certezza della pena.

Devono ancora far digerire del tutto il superamento definitivo degli stati nazionali UE e delle loro costituzioni democratiche verso "The Big Nothing", non gli Stati Uniti d'Europa (che non interessano a nessuno), bensì quell'agglomerato sovranazionale, non elettivo e in apparenza caotico di commissioni, consigli, comitati d'affari... Per farlo devono ridurre, uno dopo l'altro, ciascun stato nazionale al ruolo circolare di debitore-(tar)tassatore, in modo che i cittadini alla fine siano favorevoli a sbarazzarsene, non vedendo in esso altro che un fardello inutile e ostile.

Schiacciato tra governi eterodiretti e presidenzialismo di fatto, il parlamento italiano non conta più nulla.
Tempo perso, quattrini persi, elezioni perse...
E' un paradosso apparente: un'azione politica efficace è possibile, oggi, soltanto all'esterno del Palazzo.
Chi sarà in grado di condurla?

Alla fine, chi è più colpevole? Chi, per proprio interesse, ha teso la trappola, oppure chi, sempre per proprio interesse, vi ha fatto cadere dentro un'intera nazione?

Una "Exit Strategy" dall'Euro che fosse limitata alla questione del ripristino della sovranità monetaria, senza i necessari complementi in termini di "bonifica" dell'attuale classe politica e dirigente, costruzione di un nuovo – e al tempo stesso “antico” - paradigma di politica economica ed industriale, di organizzazione dello Stato, della burocrazia e del fisco, è semplicemente destinata a un rovinoso fallimento.

Il disco rotto del "dovete fare i compiti a casa, è l'Europa che ve lo chiede", Europa che in realtà più che chiedere ordina, il che è già di per sé schizofrenico, in quanto vorrebbe dire che l'Italia, che in teoria dell'Europa dovrebbe fare parte, ordina a se stessa qualcosa; ecco, questo martellante diktat "esterno", in tutti questi anni non è servito a risparmiare neppure un euro di spesa clientelare, che al contrario è pure aumentata (“non s'è mai visto un tacchino infilarsi nel forno da solo”); piuttosto, ha giustificato una specialissima "disciplina della stabilità", basata su svalutazione dei redditi fissi e deflazione per decreto legge.

Appunto mentale sulla seguente ipotetica equazione:
modello tedesco di (minijob + Hartz IV) = fonte d'ispirazione per gli sponsor nostrani del reddito di cittadinanza.
Se le cose stanno così, occorre fare molta, molta attenzione.

Devono essere rigettati con fermezza ipotetici istituti di welfare quali reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito ( che - detto per inciso -andrebbero presumibilmente ad aggiungersi e ad ampliare la platea dei beneficiari, e la durata temporale del beneficio, rispetto alle attuali forme assicurative Aspi e mini-Aspi introdotte dalla Legge Fornero in sostituzione dell'indennità di disoccupazione):
1) dal punto costituzionale, rappresentano un'abdicazione rispetto all'obiettivo del sostegno e incentivo al lavoro, alla congrua retribuzione e alla piena occupazione in più articoli sancito ("principio lavoristico")
2) nel contesto degli attuali di vincoli di bilancio e fiscal compact, verrebbero finanziati con tagli alla spesa o nuove imposte, determinando una semplice riallocazione di redditi con impatto sulla domanda aggregata a saldo zero
3) trattandosi, in ottica assistenzialista, di "graziose concessioni", passata l'euforia propagandistica iniziale, arriverebbe ben presto il tempo delle revisioni al ribasso del trattamento minimo
4) risultano comunque aleatorie eventuali previsioni di ricadute positive dei suddetti istituti sul potere contrattuale dei soggetti in cerca di impiego e sui livelli retributivi degli attualmente occupati. Più probabilmente, il combinato disposto di precarizzazione e reddito di cittadinanza risulterebbe di incentivo al lavoro nero (per non perdere il sussidio), alla sotto-occupazione, alla svalutazione salariale.

Come una muta di cani di Pavlov affamati e bene addestrati, gli elettori continuano a rispondere alle episodiche chiamate alle urne non più per esercitare il diritto-dovere costituzionale, bensì per riflesso condizionato dall'assordante campanella della propaganda.

Della democrazia rappresentativa in questo Paese è rimasto soltanto il guscio vuoto.

Le consultazioni elettorali continuano ad essere tautologiche: è evidente che gli allevamenti di voti sono ancora nutriti dai partiti, quanto basta per non far mancare agli stessi il consenso formalmente necessario per perpetuarsi.
Il punto di rottura consisterebbe nella creazione di un conflitto d'interessi innescato da fenomeni di "resistenza costituzionale fiscale" (per violazione iterata e manifesta degli artt. 47 e 53 Cost.).

L'equazione "decrescita = pauperismo" è irresistibile. E' la giustificazione finale dei “salvataggi”, un'arma letale al servizio delle "politiche di austerity".

Il sistema della moneta unica che alimenta l'indebitamento pubblico e privato che mantiene il governo tecnico che utilizza l'apparato burocratico che rastrella denaro dalle tasche dei cittadini può sembrare forte ma in realtà non lo è.
E' soltanto rigido, e ciò che è rigido facilmente si può rompere.

L'EuroSistema trarrebbe indubbio beneficio dall'esistenza, nei Paesi della periferia, di forze politiche o movimenti in grado di raccogliere, incanalare e infine spegnere la protesta contro bersagli secondari o apparenti.

Al Sistema un po' di antagonismo fa sempre comodo, serve a inscenare la parvenza della democrazia, l'importante è che l'opposizione non esca dal solco che il Sistema ha scavato per lei.

Pressione fiscale al 100% per mettere in ordine i conti pubblici: la troika esprime parere favorevole, il governo procede per decreto, i partiti preparano la campagna elettorale di protesta.

Cipro, Grecia, Slovenia, Italia..l'Euro è fallita, tranne per chi ha lucrato su di essa.
Non esiste, a cominciare dalla Germania, nessun progetto, nessuna volontà di unione fiscale, economica, politica dei Paesi coinvolti, solo meccanismi di indebitamento del vicinato, restituzione del debito, impoverimento, nuovo indebitamento.
La dissoluzione della moneta unica si trascinerà dietro quella dell'intera Unione Europea.
La Germania sarà chiamata ad assumersi la responsabilità politica e morale dell'escalation della tensione.
Ne dovranno rispondere, per la loro imbelle sudditanza, anche il Governo e il Parlamento di questo Paese.

Dando alle cose il proprio nome: colonizzazione per via finanziaria.

Sarebbe irrazionale anche solo pensare di uscire dall'Euro. Curioso come coloro che ogni giorno lo sostengono, siano gli stessi che al contempo si aggrappano al seguente "argomento da ultima spiaggia", con buona pace del principio di non-contraddizione:
"L'Euro è una costruzione sbagliata, ma persistendo in essa risolveremo i nostri problemi. La strada errata, percorsa sino in fondo, ci porterà a destinazione."

C'è qualche politico che possieda la lucidità e il coraggio di porre pubblicamente quella domanda che è la madre di tutte le domande?
Perché questo Paese è entrato nell'Euro?
E' impossibile trovare le risposte giuste, se prima non vengono poste le domande giuste.

Bisogna capire se chi sostiene di volere cambiare il Sistema in realtà si accontenta di cambiare soltanto le figurine che lo interpretano.

Sotto l'egida UE, i governi nostrani incaricati della curatela fallimentare stanno perfezionando la particolarissima miscela di statalismo estremo (stato di polizia fiscale, tutela degli apparati partitici e burocratici) e radicale antistatalismo (tagli alla spesa pubblica scolastica e sanitaria, mercato del lavoro selvaggio, svendite massive del patrimonio pubblico; di capitalismo (sostegno al sistema bancario-finanziario) e anticapitalismo (annientamento sistematico, a mezzo di esproprio fiscale, del ceto medio e delle PMI).

In questo Paese le parole "destra" e "sinistra" sono state talmente manipolate, mistificate, svuotate di senso, ridotte a cliché per spartirsi l'elettorato, a fronte della sostanziale indistinguibilità dei cosiddetti programmi dei partiti politici, che si dovrebbe eliminarle dal vocabolario e bandirne l'uso per sempre.

Si vuole una mappa completa e dettagliata dei poteri forti che imperversano in questo Paese? E' sufficiente scorrere l'elenco degli enti esentati dal pagamento dell'IMU.
Il principio generale dell'esenzione risiede nell'uso dell'immobile per attività non a scopo di lucro. E già qui non ci siamo: perché quale sarebbe la finalità di lucro della prima casa, soggetta a IMU? Forse offrire un tetto sotto il quale vivere?

Le nostre città sono piene di appartamenti tenuti vuoti, in attesa di essere (s)venduti. Si tratta nella maggior parte dei casi dei risparmi di una vita investiti in quello che una volta era considerato "bene rifugio".
Lo scopo della distruzione del mercato immobiliare (compravendite e locazioni), operata attraverso una vessazione che non ha eguali al mondo, non è soltanto quello di rimpolpare le casse dello Stato, bensì anche quello di spostare enormi somme di denaro mettendole nella disponibilità e sotto la gestione delle banche, come risultato della svendita forzata di case da parte di proprietari che non riescono più a mantenerle, e della parallela sottoscrizione obbligata di mutui da parte di chi non ha l'affitto come alternativa concreta.
Perché aiutare e promuovere in maniera efficace il mercato delle locazioni, sia per i proprietari che per gli inquilini, visto che la banche non avrebbero nulla da guadagnarci?

Sua Incostituzionalità IMU viola apertamente gli artt. 47 e 53 della Costituzione.
E come tutte le imposte sbagliate nel Dna, ha questo di particolare: più ci si scervella per fare finta di "migliorarla", più si riesce solo a incasinarla ulteriormente.

A che cosa serve fare opposizione politica?
A lamentarsi e sbraitare dagli scranni del Parlamento, dopo che per l'ennesima volta si è arrivati in ritardo, o si è impotenti, o si è incapaci di intervenire preventivamente?
Quante forze politiche hanno recitato in passato una parte analoga?
E che fine hanno fatto?
Naturalmente sono tutte scomparse, senza un lascito degno di memoria.
Oggi le chiacchiere stanno a zero.

Che ogni cittadino scolpisca nella propria coscienza queste parole:
Il tempo della delega in bianco deve finire ora.

Sempre più si dovrebbe essere attanagliati da un interrogativo, che non è tanto SE l'Italia uscirà dall'Euro, e neppure QUANDO uscirà, ma COME uscirà, anche se in realtà il COME uscirà è la logica conseguenza del CHI gestirà l'uscita, ed è esattamente questo che dovrebbe attanagliare.

Il potere monetario deve tornare nella mani della politica, cessando di essere quel "quarto potere autonomo" non previsto dalla Costituzione. Benissimo: ma nelle mani di QUALE politica?

Per un nuovo inizio servono menti nuove, un nuovo linguaggio in cui pensare, forse persino corpi nuovi, pronti a rendere possibili e prossimi obiettivi che paiono irraggiungibili.

venerdì 12 luglio 2013

All'Orizzonte c'è Forza Italia Reloaded. E non sarà un nuovo 48.

Ancora una volta, le dinamiche fondamentali della politica italiana si collocano in un Luogo Altro rispetto alla narrazione mainstream dell'attualità, ovvero agli ossessivi ritornelli sul "più Europa", alle scaramucce sul punto percentuale di IVA e sull'IMU prima casa in vista degli "esami di riparazione di settembre", agli aggiustamenti cosmetici su disoccupazione e lavoro. Perché è esattamente di questo che si tratta: continuano a incaponirsi (nonostante il pregresso, o proprio sulla scorta di esso?) nell'investire le risorse (esigue, tanto per cambiare) sul versante dell'offerta (incentivi alle assunzioni), con inevitabile impatto infinitesimale sull'occupazione, mentre dovrebbe essere chiaro persino a loro (e il sospetto è che lo sia, ma che preferiscano continuare con la cortina fumogena) che occorre incidere sulla domanda (aumento della capacità di spesa collettiva).
Ma veniamo a questo Altrove...

Orizzonte48 registra il "florilegio di prese di posizione" nel quale si manifesta "la strategia di riposizionamento "preventivo" del PUD€ dissidente". Estendendo il concetto e prendendo in prestito una recente tassonomia pentastellata, si distingua dunque il Pude talebano (centro-sinistra) dal Pude dissidente (centro-destra).
Sempre di Pude si tratta, come testimoniano vent'anni di alternanza "bilanciata" al governo del Paese, culminante nel sostegno congiunto al Governo Tecnico del "salvataggio" e quindi, accantonata definitivamente qualsiasi remora, nella coabitazione esplicita delle Larghe Intese.
E' tuttavia da mesi ormai che B. tasta il terreno elettorale, dalle colonne di "Libero" e "Il Giornale", sul tema "anti-europeismo" e, avendo compreso che il terreno è diventato fertile, si appresta a cavalcare l'onda montante.
Il Piano B - l' "Exit Strategy" dall'Euro - sta diventando il Piano di B.: dare vita a una nuova configurazione di "Forza Italia", una Forza Italia Reloaded questa volta in chiave fortemente anti-europeista, è questa la Grande Carta che B. conta di giocare per vincere facile alla prossime elezioni politiche.

Ecco, nella "visione anticipatrice" di Voltarepagina, i tre passaggi fondamentali attesi nei prossimi mesi.

1) Dopo gli ammiccamenti, è arrivata la dichiarazione d'intenti.

Orizzonte48 ne estrae la quintessenza, che di Forza Italia Reloaded è già il programma elettorale, e tra le righe, anche il programma post-elettorale. Nella dichiarazione d'intenti viene scritto:
"...il Cav guarda i sondaggi, capisce che la maggioranza assoluta degli italiani non si fida dei modi in cui le classi dirigenti hanno impostato l'economia della moneta unica, non vuole correre inutili e controproducenti avventure, ma in pari tempo si domanda se per risollevarsi non sia necessario un ripensamento strategico all'altezza dei casini che percorrono economia e società italiana. Tornare unilateralmente alla lira sarebbe un suicidio, non lo hanno fatto nemmeno i greci con la dracma, e sarebbe stata una scorciatoia per quanto illusoria. Ma mettere in discussione l'euro, i patti che lo hanno fatto nascere, le regole che ne fanno un cappio per certe economie, per certi sistemi di produzione e consumo, questo è il tipico ragionamento non ortodosso, da outsider, che un leader come Berlusconi ha in mente, e sul quale sta lavorando studiando e consigliandosi con gli imprenditori ed economisti di cui si fida.Berlusconi è un tipo che non si è mai fatto ricattare dall'ortodossia e dalla corrente convenzionale del pensiero unico. In questo è perfino esagerato, basti pensare alla surreale trovata di perorare la restituzione dell'Imu, una tassa per la quale obiettivamente basta e avanza una sospensione oggi e una ristrutturazione intelligente domani, qualunque sia l'opinione autorevole del Fondo monetario internazionale. La sola idea che sia proibito per dogma ideologico agire liberamente per un'Europa compatibile non con il nostro debito pubblico, al quale dobbiamo provvedere con tenacia, non con i nostri problemi strutturali, che hanno bisogno di riforme, ma con il futuro della nostra economia e del nostro sistema finanziario, questa sola idea induce un leader come lui e il suo blocco sociale, con gli interessi rappresentati, a esaminare in ogni dettaglio l'ipotesi di uno strappo, che poi è la versione realistica del braccio di ferro."

2) Le prove generali di Forza Italia Reloaded potrebbero concludersi entro l'anno; alla prossima campagna elettorale per le politiche, il centro-sinistra, con annesso M5S, si troverà stretto all'angolo.
Nulla di nuovo, tutto sommato, per il Pd; per M5S sarà invece un brusco risveglio. Pagherà a caro prezzo il perdurante stato confusionale, peraltro costellato di derive "pro-Eurolandia". Come considerare altrimenti i reiterati appelli da parte di Grillo alla (secondo lui) necessità ineludibile?
"Non c’è scelta. Il debito pubblico va ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti, la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà: l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero."
E' vero piuttosto il contrario: ristrutturare il debito pubblico in qualsivoglia forma esplicita (ufficializzando ad esempio, sui titoli di stato attualmente in circolazione, il taglio dei rendimenti, o del capitale a scadenza, o aumentando la durata a parità di rendimento), nel sistema Euro per giunta, equivale a un suicidio collettivo annunciato.
Per curiosità, quale sarebbe il valore dei suddetti titoli sul mercato secondario il giorno successivo all'annuncio, o il premio al rischio sulle nuove emissioni in asta?
Inoltre: come Grillo stesso ammette, il 70% circa del debito pubblico è detenuto da soggetti italiani: sono loro che pagherebbero il conto più salato della ristrutturazione.
Ancora: si ha quasi la sensazione che l'obiettivo di certi sermoni millenaristi sia quello di tirare la volata all'EuroSistema, mettendo definitivamente il Paese nella condizione di essere costretto sul serio a richiedere il"salvataggio" del MES.

Se il Piano B. (di Beppe) è questo, alle prossime elezioni politiche Forza Italia Reloaded ruberà agevolmente scena e voti ai pentastellati.

3) Poiché Forza Italia Reloaded E' PUR SEMPRE PUDE, dopo avere ottenuto la maggioranza parlamentare a mani basse, negozierà il disinnesco dello stesso anti-europeismo di cui in apparenza si è resa, fino al giorno prima, portavoce a muso duro presso la UE, alzando l'asticella per stringere un nuovo e più ambizioso patto di non belligeranza con la controparte: è questo, subito dopo le implacabili parole di denuncia, subito dopo la minaccia neppure troppo celata di fare saltare il banco, lo spiraglio politico, il percorso che si vorrà rendere obbligato, a cui sembra alludere il suddetto documento programmatico:
"Mario Draghi, i tedeschi più accorti e meno arcigni nel perseguimento dei loro interessi nazionali a scapito della coesione europea, e gran parte delle classi dirigenti, perfino una parte della sinistra in molti Paesi dell'area euro, lo hanno capito benissimo. Non è questione di aspettare il risultato delle elezioni in Germania, magari per vedersi concessa una qualche deroga, non è quello il problema. Ci vuole una nuova convenzione, un nuovo patto costituente dell'Europa unita che corregga aspetti fondamentali della recente storia dell'euro, al di là dei moralismi e dei sensi di colpa o delle paure ataviche che percorrono l'Europa e rincorrono tendenze inveterate all'egemonismo. Un sistema monetario più flessibile per una casa comune in cui non ci si senta prigionieri: a questo, tenendo in gran dispetto i richiami all'ordine dei soliti conformisti, e preoccupandosi delle angosce degli italiani e della necessità di darsi da fare per trovare una soluzione strategica valida per tutti gli europei, sta lavorando, senza colpi di testa, Silvio Berlusconi." 

Ragione per cui, allerta sovranisti: "Forza Italia Reloaded is coming to town".


sabato 15 giugno 2013

Chi la fa, la torta?

Si dovrà, sempre e ancora una volta, ripartire da forme di resistenza costituzionale, dapprima certamente sparse, minimali, embrionali, perché le gocce dovranno di nuovo raccogliersi per formare una corrente.
Si dovrà ricominciare da una rinnovata presa di coscienza dei propri diritti costituzionali, a cui sopravverrà l'urgenza dei doveri irrinunciabili che si hanno verso i propri diritti, e dalla domanda ineludibile, la stessa che alla fine di questo passo, tratto da Il re pallido, il romanzo postumo e incompiuto di David Foster Wallace, viene posta in realtà non solo alla popolazione americana, bensì a chiunque sia a qualunque titolo cittadino:
"Abbiamo cambiato modo di considerarci cittadini. Non ci consideriamo cittadini nel vecchio senso di essere una piccola parte di un insieme più vasto e infinitamente più importante verso il quale abbiamo pesanti responsabilità. Ci consideriamo ancora cittadini nel senso di essere beneficiari: siamo consapevoli dei nostri diritti come cittadini americani e delle responsabilità nei nostri confronti della nazione, che deve assicurarci la nostra fetta della torta americana. Ormai ci consideriamo quelli che mangiano la torta anziché quelli che la fanno. E allora chi la fa, la torta?"

giovedì 13 giugno 2013

Il grido

- L'hai sentito?
- Che cosa?
- Chi gridava?
- Non so.
- Ma l'hai sentito?
- Non ci ho fatto caso.
- Qualcuno ha gridato.
- Può darsi.
- Com'è possibile che tu non l'abbia sentito?
- Ero sovrappensiero.
- Vuoi scherzare?
- Stavo pensando a quello che devo fare domani.
- Pensavi a domani... così non hai sentito il grido.
- Può darsi.
- Può darsi?
- Voglio dire, sei sicura che qualcuno abbia gridato?
- Pensi che me lo sia sognato?
- Non so.
- Ho sentito un grido, un grido terribile. Non è una cosa che ci si può inventare.
- Va bene, allora qualcuno ha gridato.
- Non devi dirmi di sì tanto per dire.
- D'accordo. Chi può essersi messo a gridare con questa nebbia? Qui a parte noi non c'è nessuno.
- Non si vede niente ma tu sai che non c'è nessuno.
- Lasciamo perdere. Sbrighiamoci, questa nebbia mi fa venire i brividi.
- E il grido?
- Smettila con questa storia. Supponiamo che il grido ci sia stato. Cosa possiamo fare?
- Quindi non t'importa. Non vuoi sapere cosa è accaduto. E se qualcuno fosse in pericolo?
- Ti ripeto, sono certo che non è successo nulla.
- Già, perché in realtà il grido è una mia fantasia, no? Ho gridato a me stessa, è accaduto tutto dentro la mia testa. Sarà un segnale d'allarme, una specie di avvertimento per... chissà che cosa. Dimmelo tu, che cosa.
- Allora ti sei convinta che in mezzo a questa nebbia ci siamo soltanto noi.
- Non hai capito, l'ho detto solo per provocarti. Comunque non mi hai risposto.
- Adesso andiamo. La nebbia è sempre più fitta, e sta cominciando a fare buio.
- Vuoi andartene così. Eppure l’ho sentito.
- Dài. Non senti freddo? Metti il mio maglione.
- Perché non mi credi?

domenica 26 maggio 2013

Quant'è profonda la tana del bianconiglio?

Molti anni addietro, politici, banchieri, governanti europei in una lunga notte della ragione cominciarono a fare un lungo sogno collettivo, così lungo che non è ancora terminato, indotto non da lisergiche somministrazioni, bensì dall'aritmetica della reciproca legittimazione politica e del tornaconto economico-finanziario.
"They had a dream" dunque, ma non si trattò del sogno di MLK; sognarono piuttosto che l'istituzione della Uem (Unione Economica e Monetaria) avrebbe, nell'arco di qualche anno, trasformato l'Europa in una Oca (Optimum Currency Area, Area Valutaria Ottimale).
L'opinione pubblica avrebbe dovuto reagire fin dall'inizio quantomeno con sospetto, date le stupefacenti e inquietanti connotazioni simboliche (nient'altro che semplici coincidenze?) insite nel termine "Oca", denso di risonanze etologiche (goffaggine e, in certe condizioni, pericolosità), ludiche (ci sono i giocatori, ci sono le pedine) e motorie (fantasmi teutonici evocati da un passato tutto sommato non così lontano).
Le cose andarono diversamente, il sogno venne inculcato nella mente di tutti i cittadini della zona Euro, che da allora cominciarono a vivere sognando in esso, fino a cominciare forzatamente a comprendere - a causa soprattutto di fattori quali disoccupazione, svalutazione dei redditi fissi, erosione del risparmio per via dei continui, implacabili "salvataggi" - che in realtà quello che stavano vivendo era un incubo, l'incubo dell'EuroSistema.
Come risvegliarsi da esso? Per tornare allo stato di veglia, si prescriverà, seguendo la suggestione Matrixiana, l'assunzione di una particolarissima "pillola rossa"; uno shock è fuor di dubbio, un evento traumatico, forse una serie di eventi traumatici, di punti di rottura - forme di "resistenza costituzionale" ancora in nuce - in  grado di condurre alla scoperta di "quant'è profonda la tana del bianconiglio".
Difatti, non paiono sussistere oggi le condizioni di possibilità per tracciare un percorso di uscita dall'EuroSistema lineare, "razionale", in tutto e per tutto pianificato a tavolino, una "Exit Strategy" percorribile "senza soluzione di continuità", esclusivamente per via di successive mediazioni e concertazioni, in una sequenza di compromessi e revisioni dei trattati europei, tale da non imporre "scommesse" o "salti nel buio".
Questa difficoltà radicale, che pone un'altrettanto radicale sfida, diviene finalmente manifesta nel momento in cui si entra in contatto, e si riesce a reggere l'impatto, con il nucleo sostanziale della crisi dell'EuroSistema, il suo limite insuperabile, che non è politico, economico, sociale, e neppure - sebbene gli sia prossimo - culturale, ma anzitutto del pensiero.

Il "nocciolo duro" della crisi dell'EuroSistema, ciò che la rende al tempo stesso così pervasiva e sfuggente e implacabile, consiste nel suo essere anzitutto una "crisi del pensiero".

Un argomento cruciale si può attingere dal volume  "Il tramonto dell'euro" (cap. "Il sogno dell'Oca" pp. 111 e ss.), dove Alberto Bagnai scrive:
"dal punto di vista macroeconomico l'idea stessa di unione monetaria è contraddittoria [..] L'unificazione monetaria si rende necessaria solo laddove i sistemi economici considerati non siano omogenei e non esistano forze che tendano a far convergere spontaneamente i loro fondamentali, riducendo la volatilità delle rispettive valute. Ma è proprio in questi casi che la flessibilità del cambio è un elemento importante per alleviare i costi dell'aggiustamento a shock macroeconomici, ed è quindi proprio in questi casi che la rinuncia alla flessibilità del cambio impone un costo all'economia."

Ciò che rigido può sembrare forte, ma in realtà è debole, perché si può spezzare facilmente.

Continua Bagnai:
"l'unificazione monetaria si rende necessaria solo laddove è dannosa, cioè solo laddove implica la rinuncia a un elemento di flessibilità (quella del cambio) utile per assorbire shock o compensare divergenze strutturali.
Paesi dalle economie allineate, con scambi equilibrati, non sperimenterebbero eccessiva volatilità del cambio e non avrebbero bisogno di intervenire attivamente per "sostenerlo". La motivazione per entrare in un'unione monetaria (ridurre l'incertezza del cambio) si presenta proprio quando i Paesi che la adottano avrebbero in realtà bisogno di maggiore, non minore, flessibilità."

Bagnai perviene dunque alla seguente conclusione : la Uem se è utile allora è dannosa.
Una contraddizione in termini, a ben vedere, ricavabile dalle logiche stesse, "politiche" non "tecnico-economiche" sottolinea e chiarisce Bagnai, sottese alla guida dell'EuroSistema. Tuttavia, il pensiero viene sicuramente "messo alla prova", ma non viene "messo in crisi", da una contraddizione, la cui scoperta anzi lo fa muovere, lo spinge avanti, lo fa evolvere verso la negazione, e conseguentemente il superamento, degli assunti di partenza (reductio ad absurdum): così, una volta dimostrata la contraddizione interna alla costruzione Uem, può avere inizio un nuovo ragionamento.

Ora, la crisi del pensiero che soggiace come quintessenza invisibile e onnipresente alla crisi dell'EuroSistema si rivela esattamente in questo: che, almeno negli ultimi tempi, gli esponenti di spicco del Pude (Partito Unico dell'Euro), amplificati dal loro inseparabile corollario mediatico, invece di difendere il "prodotto" argomentando a favore dell'utilità pura e semplice della Uem ai fini del perseguimento dell'Oca, come da "manifesto programmatico", si aggrappano piuttosto a esternazioni in apparenza "da Realpolitik dell'ultima spiaggia", di seguito raccolte in un piccolo florilegio:

"L'Euro è una costruzione sbagliata, ma perseverando in essa risolveremo i nostri problemi."
"La strada errata,percorsa sino in fondo, ci porterà a destinazione."
"Oggi si assiste, e non è un paradosso, al grande successo dell'euro" (indicando di seguito la Grecia come manifestazione più concreta di tale successo).
"L'euro è un errore, che tuttavia determinerà da sé le condizioni della propria sostenibilità", la teoria dell'Oca "endogena".
"I politici hanno preso una decisione sbagliata, ma i costi della scelta sbagliata, inizialmente tenuti nascosti ai cittadini, li indurranno a fare la cosa giusta" (accettare la svalutazione interna dei redditi fissi, ad esempio, e diventare, alla lunga, competitivi nell'export senza le compensazioni dovute al cambio flessibile?).

Quindi, la contraddizione in termini dedotta in precedenza non viene dal Pude rigettata, contro-argomentata, bensì fatta propria, fagocitata, metabolizzata, fino all'estremo limite di "rincarare la dose" davanti all'opinione pubblica, di sbandierare con naturalezza ostentata l'immagine speculare e deformata della contraddizione, la sua formulazione capovolta e funambolica: la Uem è utile proprio in conseguenza del fatto che è dannosa.
Affermazione paradossale, se mai ve ne può essere una, che tuttavia diventa, nell'odierna fase epigonale, "posizione ufficiale", "comunicato stampa" dell'EuroSistema, proprio perché capace di "mettere sotto scacco" il pensiero, imprigionandolo nella propria crisi, alimentandone lo strabismo, i cortocircuiti, le paralisi.

Tornando al titolo: Quant'è profonda la tana del bianconiglio?
E' soltanto l'inizio della risposta.

lunedì 20 maggio 2013

Della minore età degli italiani

"L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo.La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall'eterodirezione (naturaliter maiorennes), tuttavia rimangono volentieri minorenni per l'intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori." (I. Kant)

Sarebbe già un grande risultato, sulla via del ritorno del popolo italiano alla luce della maggiore età, smarrita ormai da decenni, se si dimostrassero coraggio e maturità sufficienti per affrancarsi dall'incessante stordimento mediatico e arrivare a comprendere la seguente verità scomoda: con gli attuali governi, gli attuali parlamenti, gli attuali vincoli di bilancio e Fiscal Compact, gli attuali impegni assunti verso il MES, l'attuale desertificazione industriale e produttiva, l'attuale erosione inesorabile della base imponibile e del risparmio dei cittadini, è un'illusione rassicurante ma penosamente infantile credere che sia possibile "ridurre la pressione fiscale per far ripartire i consumi e la crescita" e che i proclami della classe politica in tal senso - una classe politica legittimata da episodiche, pavloviane "chiamate alla urne" ottemperate per riflesso condizionato da confusione, paura, disperazione o piccolo interesse di bottega - possano tradursi in manovre alternative rispetto a travasi di imposte da un contenitore all'altro, rimescolamenti mascherati sotto una coltre di variazioni acronimiche, nel complesso a saldo zero o maggiore di zero, secondo logiche di estenuata contabilità elettorale.
Il tutto fino alla prossima "emergenza nazionale" e conseguente, implacabile, "salvataggio".

Pare tuttavia che gli italiani non vogliano tornare ad essere adulti.
Come già osservava Kant: "E' tanto comodo essere minorenni!"

martedì 23 aprile 2013

Considerazioni in-attuali su sincronicità, privatizzazioni, "exit strategy"

Il principio junghiano di Sincronicità afferma l'esistenza di "coincidenze significative", ovvero nessi semantici, o simbolici, che legano eventi che accadono simultaneamente in luoghi diversi, anche molto distanti tra loro, eventi quindi che non sono correlabili in base alla legge di causa-effetto ma la cui contemporaneità non è da ritenersi arbitraria. Se c'è del vero in questo principio, come peraltro già testimoniano millenni di pensiero “magico” e orientale, allora non può essere frutto del caso se lo stesso giorno, il 18 aprile 2013, accadono i seguenti avvenimenti:

- comincia a consumarsi l'asta per l'elezione del Presidente della Repubblica Italiana all'insegna del grido "avanti a chi offre di più", a cui partecipano tutte le forze politiche presenti in Parlamento, tutte ugualmente inchiodate al più classico degli schemi "scegli tra il peggio e il meno peggio". Si celebra quindi, a distanza di due mesi dalle elezioni politiche 2013, con buona pace delle "istanze di rinnovamento" unico messaggio uscito forte e chiaro dalle urne, un'alchimia perfettamente organica all'attuale fase terminale e agonizzante della "seconda repubblica". I giocatori estraggono ciascuno la propria carta, ma tutte provengono dal medesimo mazzo (truccato?), lo stesso con cui si è cominciato a giocare qualche decennio fa, ai tempi della lontana, ma tutt'oggi in ottima salute a guardare il personale politico “di prima fascia”, "prima repubblica".

- viene pubblicato sul blog del giurista L. Barra Caracciolo il seguente AGGIORNAMENTO FRATTALICO: USA, VON HAYEK E LA NUOVA DEMOCRAZIA POSSIBILE: se messo a confronto con i temi "caldi di giornata" che nelle stesse ore accendono il dibattito e attanagliano politici, media, opinione pubblica, il post sembra arrivato per raccomandata direttamente dal pianeta Marte.
Fin dalle prime battute, è un coperchio d'acciaio calato impietosamente sulle troppe, interminabili, rissose chiacchiere intorno al nulla.
"Sto cominciando a maturare la convinzione che, in assenza di stalinismo alle porte, è impossibile replicare la stagione keynesiana-costituzionale post 1943. Al massimo si potrà recuperare la flessibilità del cambio e una certa limitata cooperazione delle BC (sempre nei limiti dell'interesse bancario nazionale).
E sarebbe già tanto."
Certo, dovrebbe esserci la Costituzione a tutela fondamentale del corretto equilibrio tra interesse pubblico e business privato, come recita, in particolare, l'art. 41 Cost.:
"L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali."
Tuttavia, qualcosa non ha funzionato, dai primi anni 80 tutti i governi del Paese hanno portato avanti il piano delle Privatizzazioni, declinate all'italiana bene inteso. La causa non è da imputare a una presunta invasione liberista del suolo patrio, che avrebbe infettato in particolare la sinistra, da allora e fino ai giorni nostri entusiasta promotrice del processo, in apparente contraddizione con se stessa.
Piuttosto, trovando conferma nella citazione dell'economista M. Florio, "La mia lettura del caso italiano è che le cose qui sono andate anche peggio che in Gran Bretagna. Sia i governi di centro-sinistra che quelli di centro-destra hanno cercato di fare cassa vendendo soprattutto banche, telecomunicazioni, autostrade, aziende del settore dell’energia, anche altro, ma con effetti del tutto irrilevanti o modesti sul piano dell’efficienza e del benessere degli utenti, e invece distribuendo rendite ad ambienti capitalistici più o meno parassitari.
Mi sono convinto, soprattutto studiando il caso Telecom Italia che la vera origine delle privatizzazioni non sia il liberismo, anche se ovviamente i miti della libera concorrenza hanno avuto un peso nella retorica, ma uno scambio fra rendite politiche e finanziarie.[..] in particolare la sinistra, oltre più ovviamente la destra, ha cercato di accreditarsi presso i gestori della finanza offrendo loro in pasto delle attività perfette per montarvi operazioni speculative, garantite dalla dinamica nel tempo dei flussi di cassa. Il caso delle autostrade è in questo senso emblematico. Il rischio imprenditoriale è nullo, la rendita garantita, gli investimenti attuati minimi e neppure rispettati, le tariffe aumentano con e più dell’inflazione, il contribuente continua a farsi carico della spesa per la rete in aree meno ricche e più a rischio (vedi autostrada Salerno-Reggio Calabria e grande viabilità interregionale), mentre un ambiente imprenditoriale come quello dei Benetton e altri sono diventati dei concessionari, con tutto quello che questo implica di rapporti con la politica."
La stessa politica che nei decenni scorsi ha dapprima occupato ogni spazio disponibile del settore pubblico, per poi ingegnarsi, utilizzando posti di lavoro buro-indotto e incarichi come merce di scambio elettorale, nella creazione di allevamenti di consenso e di voti (e i sindacati?).
"Ovviamente, nel settore pubblico, ad esempio nelle università, si annidano aree anche ampie di parassitismo sociale: ma sarebbe molto meno costoso, e quindi più produttivo, motivare [sic] i dirigenti e sensibilizzare gli utenti dei servizi pubblici, eliminando così questa patologia attraverso un maggiore controllo democratico e un management di qualità."

Traendo una conclusione sommaria e provvisoria: sarebbe dunque necessario "bonificare" un'intera classe politica e dirigente, né più né meno; al contrario, qualora non si dovesse conseguire tale "pre-condizione ambientale", come potrebbe essere attuata una "Exit Strategy" dalla UEM capace di prefigurare, come sua parte costitutiva e complementare al ripristino della sovranità monetaria, una nuova politica industriale ed economica per l'Italia (che manca da 30 anni)?
Perché pare evidente che se si sottraesse a tale compito, sicuramente immane, rinchiudendosi in un'illusione "monetarista" sulla svalutazione della futura Lira rispetto all'Euro come taumaturgia, oppure venisse meno il suddetto "pre-requisito ambientale", una "Exit Strategy" dalla UEM condurrebbe in un vicolo cieco.
O, peggio ancora, si potrebbe cadere dalla padella nella brace, come paventa E. Brancaccio nel suo L’euro è un morto che cammina, exit strategy da sinistra
Si determinerebbe infatti il seguente rischio mortale: una "Exit Strategy" congegnata in maniera "monca", o non supportata da “interpreti” adeguati, potrebbe finire con l'essere recepita e applicata paradossalmente proprio dallo stesso sistema di potere nazionale che ha fatto dell'Europa l'emblema necessario e sufficiente per legittimarsi negli ultimi decenni dinanzi all'opinione pubblica, fino alle più recenti e ostentate esternazioni della serie "E' l'Europa che ce lo chiede".
Non appena giungesse alla percezione chiara e distinta che il vento di Bruxelles sta cambiando direzione, il Sistema dei Partiti di casa nostra si affretterebbe a rifarsi una verginità aggrappandosi al nuovo verbo dell'anti-europeismo, ingolosito dall'opportunità di aprire la caccia, in virtù della nuova moneta fortemente svalutata, alle acquisizioni a buon mercato degli asset italiani sopravvissuti: gli ultimi, ultra-convenienti, saldi di fine stagione.