mercoledì 31 luglio 2013

Se questi sono gli "Stati Uniti d'Europa"

Che la costruzione europea, in particolare Eurolandia (Uem), sia destinata a sprofondare nelle sabbie mobili sulle quali è stata eretta è una verità ormai nota, evidente persino alle pareti degli uffici che ospitano i funzionari di Bruxelles. Rimane tuttavia assai poco ovvia agli ostinati (eufemismo) Soloni della Sinistra Eurista, i quali continuano imperterriti a tacciare di preconcetto, miope, e sotto sotto pure fascistoide, anti-europeismo i detrattori del "sogno europeo". Questi ultimi non vorrebbero capire che i "sacrifici" imposti ai Paesi Porcelli - quelli di oggi, ma anche quelli di domani ("sinistra" profezia) - rappresentano i passi di avvicinamento, dolorosi ma obbligati, che condurranno alla soluzione finale che tutto spiega e tutto giustifica, gli "Stati Uniti d'Europa", quel Sommo Bene sempre più a portata di mano ma sempre di là da venire, prima difatti occorre ingoiare ancora un'altra "amara medicina", un altro "pacchetto di austerità".

I Soloni della Sinistra Eurista ci porgono, placidi e sorridenti, la seguente soave narrazione: non ignoriamo che nel mondo ideale si doveva partire da un'Assemblea Costituente, dalla stesura della Costituzione Europea, sancita possibilmente da svariati passaggi democratici e consultazioni popolari, ma così si sarebbe andati troppo per le lunghe; piuttosto, così le partitocrazie nazionali, dinanzi all'intuizione concreta di essere destinate a fare la fine di comitati d'affari periferici, elemosinanti e petulanti, oppure di sudditi compiacenti nei confronti della Bce, non avrebbero mollato l'osso.
Occorreva quindi partire dal fondo, dalla Moneta Unica, ovvero dal cessione della sovranità monetaria, al preciso scopo di forzare il processo...
In questo modo infatti le partitocrazie nazionali, private del "ciclostile della spesa pubblica allegra", ridotte ad incarnare l'odioso ruolo circolare di "stato debitore- stato (tar)tassatore", avrebbero loro malgrado acconsentito alla cessione della sovranità rimanente pur di garantirsi dosi adeguate di credibilità internazionale e quindi perpetuare, o incrementare, posizioni di potere nazionale o estero.
Dunque, concludono i Soloni della Sinistra Eurista con logica rocambolesca , "la strada intrapresa è sbagliata, ma finirà per portarci a destinazione".
In che cosa consisterebbe la "destinazione", ovvero l'obiettivo-destino-per-cui-agire compiendo tutto ciò che è necessario con assoluta determinazione? In altre parole, cosa dovrebbero essere gli "Stati Uniti d'Europa"?

"Stati Uniti d'Europa": un sovra-stato, posto "al di sopra" degli stati membri, forse una federazione dei medesimi; sovrano, ossia tale da esercitare quella somma di poteri e funzioni ad esso ceduti dagli stati membri (potere monetario in primis, poteri legislativo ed esecutivo in secundis); nazionale, in quanto è soltanto nel contesto di una nazione che l'esercizio della sovranità trova il proprio fondamento, la propria forza legittimante.
Sul concetto di nazione adottato, è pienamente condivisibile il definitivo sdoganamento, da residuo-spauracchio-fantoccio "teocratico" (legittimazione dall'Alto) ad entità del tutto innocua, non problematica, consistente in una comunità di individui che condividono elementi quali linguaggio-cultura (probabile espressione storica di un grado minimo di omogeneità etnica), delimitazione territoriale (confini), riferimento a una medesima Costituzione (patto sociale), fattori che sono condizioni concrete della deliberazione collettiva (esercizio democratico).
Confini territoriali, non importa quanto estesi, come elemento decisivo, addirittura costitutivo della democrazia. Come afferma Sapir, "l'esistenza della democrazia implica la chiusura dello spazio politico e questa chiusura implica una 'frontiera'".
Prima ancora, nazione come popolo, presupposto ineludibile del sorgere di quel potere costituente popolare a sua volta fatto fondativo della democrazia costituzionale. Peccato che:
" [...] i trattati di diritto internazionale che concretizzano la soggettività politica dell'Europa, non contengono neppure la citazione dell'identità sovrana di un popolo, non registrandosi alcun pronunciamento sociologico e storico degli individui viventi sul territorio Europa in tali sensi. Nè, per altro verso, si è mai registrato un "moto" culturale di tale portata da dar luogo a quel potere primario di natura Costituente che possa far ipotizzare la nascita, e poi la volontà, di un presunto "popolo europeo".
Chiara conseguenza e conferma di ciò, sta nel fatto che, mancato il potere popolare costituente come fatto fondativo storico, sociale e culturale, manca la stessa enunciazione sostanziale della democrazia costituzionale: questa, come abbiamo visto, è inscindibile dall'affermazione, come prioritario e inderogabile, del perseguimento dei diritti di libertà e dei diritti sociali degli individui che formano, a prescindere dalla estensione e demarcazione storica di un certo territorio, un tale popolo-costituente. [...]
Insomma, si può sostenere tutta la tensione idealistica di questo mondo, ma semplicemente non si può affermare la prevalenza di un'Europa che, come democrazia costituzionale, non c'è."

Ecco dunque emergere la "piccola" crepa - chiara e distinta secondo gli schemi della vecchia cara logica "classica" - nel pensiero strabico degli SSE: il popolo europeo? Non pervenuto
Ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli se i Soloni della Sinistra Eurista traessero ispirazione, nell'immaginare gli "Stati Uniti d'Europa", dal modello degli Stati Uniti d'America. Quale sarebbe il fattore storico e culturale aggregativo-coagulante del popolo europeo? Quale il terreno simbolico del "sentire comune" europeo?
Insomma, quale sarebbe, stando ai Soloni della Sinistra Eurista, l'equivalente del 4 luglio? Il 7 febbraio del Trattato di Maastricht? Semplicemente patetico.

Ergo: democrazia costituzionale europea? Non pervenuta. Ergo: nazione europea? Non pervenuta.
Ma se nella costruzione europea non c'è posto per questi mattoni, "anche la sovranità è destinata a non passarsela molto bene". Da dove dovrebbe trarre infatti il proprio fondamento, la propria forza legittimante, l'esercizio della sovranità da parte di qualsivoglia organo di governance europea?
Da nulla, ovviamente.

Allora, è più probabile che i Soloni della Sinistra Eurista, anche se non sarebbero disposti ad ammetterlo neppure sotto tortura, preconizzino l'avvento del meraviglioso mondo di von Hayek, Musa indiscussa della "costruzione UE":
"[...]
Si tratta di un saggio di von Hayek, del 1939: esso ci attesta la sua chiara precognizione degli effetti del "federalismo interstatale"; a cui egli, ovviamente, e proprio perchè capace di realizzare i fini ideali con cui ritiene di modellare la società, era altamente favorevole.[...]
Con logica stringente, Hayek dimostra che una federazione fra Stati realmente diversi porta necessariamente all'impossibilità di un intervento statale nell'economia, e quindi alla vittoria di politiche economiche liberiste (il che ovviamente dal suo punto di vista è un bene). Infatti una federazione per essere stabile ha bisogno di un sistema economico comune e condiviso, e quindi della libera circolazione di merci e capitali, e questo porterà ovviamente a una perdita di controllo dei singoli Stati sulle loro economie. Si potrebbe allora pensare che il controllo statale si sposti al livello federale. Il nuovo super-stato federale si riprenderebbe quei poteri di controllo sull'economia che i singoli Stati avranno perso. Hayek risponde di no. Perché l'intervento statale sull'economia presuppone la capacità di mediare fra interessi contrapposti, di accettare compromessi ragionevoli, che non ci sono, o sono più difficili, fra popoli di Stati diversi. Come scrive Streeck riassumendo Hayek, "in una federazione di stati nazionali la diversità di interessi è maggiore di quella presente all'interno di un singolo stato, e allo stesso tempo è più debole il sentimento di appartenenza a un'identità in nome della quale superare i conflitti stessi (…). Un'omogeneità strutturale, derivante da dimensioni limitate e tradizioni comuni, permette interventi sulla vita sociale ed economica che non risulterebbero accettabili nel quadro di unità politiche più ampie e per questo meno omogenee (pagg.121-122)"

Si tratta ovviamente della stessa tesi che abbiamo sostenuto più volte nel nostro libro e in questo blog: non esiste un popolo europeo che possa essere la base sociale di uno “Stato sociale europeo”. E' impressionante la lucidità di Hayek, che aveva capito tutto questo nel 1939."

La lucidità di avere capito che gli "Stati Uniti d'Europa", fine ultimo e sogno della costruzione europea, altro non potrebbero essere che il compimento pieno e dispiegato dello "Stato minimo".
"[...]
Attinta dalla generale condanna della sua arbitrarietà, l'attività dello Stato sarà da delimitare progressivamente alla costruzione di "strade"...e alla segnaletica, mentre non è esclusa la progressiva privatizzazione, per di più in un mercato di cui si auspica la apertura "mondiale", di attività come difesa e pubblica sicurezza; queste, poi, finiscono per essere, in ultima analisi destinate a tutelare la proprietà produttiva, sul territorio nazionale come all'estero. Istruzione, previdenza e sanità sono invece nel tipico campo di elezione della "libertà" dei privati operatori economici. Lo Stato minimo ne è doverosamente escluso.
Un "punto di arrivo" indubbiamente, ma non un obiettivo che può dirsi estraneo alla strumentazione messa in campo coi trattati europei.

Che questa sia una costruzione ideale, ma non tanto (nutrendo Hayek espressamente fiducia nel fatto che "un giorno" esisteranno le condizioni politiche per realizzarla:...vi ricorda qualcosa?), e non segna alcuna fondamentale incompatibilità col disegno UE-UEM, che, come già sul piano monetario, ammette un processo strategico che utilizza strumenti di progressiva realizzazione di tale "schema ideale" condivendendone i fini essenziali.
In questa chiave "progressiva" si possono comprendere anche gli elevati livelli di tassazione: si tratta di una condizione transitoria e, naturalmente strumentale, che sconta la modifica del precedente ordine costituzionale dei welfare, mirando a farlo collassare, per rigetto del corpo sociale, mediante la imposizione del vincolo monetario (ad effetti equipollenti "in parte qua" al gold standard) e dei ben noti "vincoli" di deficit e di ammontare del debito, posti rispetto ai bilanci pubblici.
I quali, naturalmente, in una fase iniziale, pazientemente durevole, debbono "rientrare", consolidarsi, aumentando l'imposizione fiscale, prima di poter procedere, verificatesi le condizioni politiche, al taglio strutturale della spesa pubblica.
Alla fine, la gente, avvertendo come insopportabile il costo dei diritti sociali, cioè del welfare, invocherà il loro smantellamento, pur di vedersi sollevata da questa insopportabile tassazione."

lunedì 22 luglio 2013

Il futuro della Grecia è Omero

Ovulo dell'Occidente, destino dell'Occidente
le tue rive sono lorde di mare purpureo
l'alba sull'Acropoli è macchiata di sangue
la tua terra non è più terra, ma spazio aperto
le pietre lo attraversano e cozzano sugli elmetti
cadono nella polvere, li colpiscono ancora
strappano vita con le unghie, cadono infine nel fragore.

A Bruxelles intanto brindano, al grande successo dell'euro.


Contrapporre al memorandum della Troika confezionato per i servi di Grecia, all'insediamento dei funzionari di Bruxelles come padroni di casa in vista degli imminenti saldi di fine stagione, un orgoglio antico, capace di incutere un nuovo timore e una nuova venerazione; lanciare ai colonizzatori odierni un monito di grandezza e potenza, remoto e al tempo stesso prossimo venturo...

E' questo il risveglio che può essere donato, a tutti coloro che non possono non dirsi Greci, dall'Iliade di Omero.

Si compia dunque la discesa nel magma del grande poema, nella visione febbricitante e anatomica di Antonio Moresco ("Lo Sbrego", 2005 Scuola Holden BUR, pp. 37-42).

"
... E Mundio colse dappresso,
all'orecchio con l'asta: dall'altro orecchio di colpo sortì
la punta di bronzo; al figlio d'Agènore Echeclo
calò in mezzo alla testa la spada dalla grand'elsa,
e tutta intiepidì la spada di sangue; per gli occhi
lo prese la morte purpurea, la Moira crudele.

E ancora a Deucalìone, dove s'uniscono i tendini
del gomito, là il braccio passò con la punta di bronzo;
s'arrestò quello col braccio fatto pesante,
e vide vicina la morte; Achille con il pugnale gli troncò il collo
e lungi con tutto l'elmo gettò il capo; il midollo
schizzò fuori dalle vertebre e il tronco giacque a terra disteso.


... così sotto Achille magnanimo i cavalli unghie solide
calpestavano insieme cadaveri e scudi; l'asse di sangue
era tutto insozzato e le ringhiere del carro,
che colpivano schizzi da sotto gli zoccoli dei cavalli
e dai cerchioni; così ardeva di conquistarsi gloria
il Pelide, lorde di fango sanguigno le mani invincibili.


Questo modo supremo di raccontare per fulminazioni e per urti e per abbandoni cruenti e immobilità e accelerazioni. Il quadro immobile, dilatato e compresso, tutto attraversato dal dinamismo delle passioni, dei desideri e dei sogni. Il cozzo e la fusione e l'incontro delle materie corporee psicofisiche nella tragedia vivente dei corpi singoli separati. La tragedia della molteplicità e dell'unità. La freccia che vola. La punta della lancia percepita fin dentro il cuore appena sfondato.

Diede fragore cadendo, l'asta restò infissa nel cuore
che palpitando faceva vibrare il piede
dell'asta.


Grande Omero! Io mi dispero, perdo quasi i sensi se penso alla rapina di tempo e spazio su cui è stata costruita la cosiddetta civiltà umana, che adesso stiamo vedendo mentre sta sbattendo la testa contro il muro del proprio spazio-tempo immobilizzato.

Disse e meditò con ignominia contro Ettore glorioso:
gli forò i tendini dietro ai due piedi
dalla caviglia al calcagno, vi passò due corregge di cuoio,
lo legò al cocchio, lasciando strasciconi la testa,
e balzato sul cocchio, alte levando le nobili armi,
frustò per andare: vogliosi i cavalli volarono.
E intorno al corpo trainato s'alzò la polvere: i capelli
neri si scompigliarono; tutta giaceva in mezzo alla polvere
la testa...

"

venerdì 19 luglio 2013

Minimalia - 1

Selezione di appunti, frammenti, visioni liberamente tratte dalla pagina Facebook del blog
(8 gennaio 2013 – 18 luglio 2013)

Prima Legge della Scienza Politica:
Per creare un campo gravitazionale, e quindi esercitare forza attrattiva ed aggregativa, un soggetto politico deve prima possedere massa o energia.

Le parole sono importanti.
Per confonderci le idee e fregarci, ne hanno prese alcune tra le più pregiate e le hanno screditate per decenni.
Le hanno fatte ammalare.
Ora sta a noi diventare chi un medico, chi un infermiere, chi un fisioterapista, e metterci tutta la nostra intelligenza, tutto il nostro impegno, per riabilitarle:
costituzione, patria, statalismo, lira, protezionismo, politiche demografiche, certezza della pena.

Devono ancora far digerire del tutto il superamento definitivo degli stati nazionali UE e delle loro costituzioni democratiche verso "The Big Nothing", non gli Stati Uniti d'Europa (che non interessano a nessuno), bensì quell'agglomerato sovranazionale, non elettivo e in apparenza caotico di commissioni, consigli, comitati d'affari... Per farlo devono ridurre, uno dopo l'altro, ciascun stato nazionale al ruolo circolare di debitore-(tar)tassatore, in modo che i cittadini alla fine siano favorevoli a sbarazzarsene, non vedendo in esso altro che un fardello inutile e ostile.

Schiacciato tra governi eterodiretti e presidenzialismo di fatto, il parlamento italiano non conta più nulla.
Tempo perso, quattrini persi, elezioni perse...
E' un paradosso apparente: un'azione politica efficace è possibile, oggi, soltanto all'esterno del Palazzo.
Chi sarà in grado di condurla?

Alla fine, chi è più colpevole? Chi, per proprio interesse, ha teso la trappola, oppure chi, sempre per proprio interesse, vi ha fatto cadere dentro un'intera nazione?

Una "Exit Strategy" dall'Euro che fosse limitata alla questione del ripristino della sovranità monetaria, senza i necessari complementi in termini di "bonifica" dell'attuale classe politica e dirigente, costruzione di un nuovo – e al tempo stesso “antico” - paradigma di politica economica ed industriale, di organizzazione dello Stato, della burocrazia e del fisco, è semplicemente destinata a un rovinoso fallimento.

Il disco rotto del "dovete fare i compiti a casa, è l'Europa che ve lo chiede", Europa che in realtà più che chiedere ordina, il che è già di per sé schizofrenico, in quanto vorrebbe dire che l'Italia, che in teoria dell'Europa dovrebbe fare parte, ordina a se stessa qualcosa; ecco, questo martellante diktat "esterno", in tutti questi anni non è servito a risparmiare neppure un euro di spesa clientelare, che al contrario è pure aumentata (“non s'è mai visto un tacchino infilarsi nel forno da solo”); piuttosto, ha giustificato una specialissima "disciplina della stabilità", basata su svalutazione dei redditi fissi e deflazione per decreto legge.

Appunto mentale sulla seguente ipotetica equazione:
modello tedesco di (minijob + Hartz IV) = fonte d'ispirazione per gli sponsor nostrani del reddito di cittadinanza.
Se le cose stanno così, occorre fare molta, molta attenzione.

Devono essere rigettati con fermezza ipotetici istituti di welfare quali reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito ( che - detto per inciso -andrebbero presumibilmente ad aggiungersi e ad ampliare la platea dei beneficiari, e la durata temporale del beneficio, rispetto alle attuali forme assicurative Aspi e mini-Aspi introdotte dalla Legge Fornero in sostituzione dell'indennità di disoccupazione):
1) dal punto costituzionale, rappresentano un'abdicazione rispetto all'obiettivo del sostegno e incentivo al lavoro, alla congrua retribuzione e alla piena occupazione in più articoli sancito ("principio lavoristico")
2) nel contesto degli attuali di vincoli di bilancio e fiscal compact, verrebbero finanziati con tagli alla spesa o nuove imposte, determinando una semplice riallocazione di redditi con impatto sulla domanda aggregata a saldo zero
3) trattandosi, in ottica assistenzialista, di "graziose concessioni", passata l'euforia propagandistica iniziale, arriverebbe ben presto il tempo delle revisioni al ribasso del trattamento minimo
4) risultano comunque aleatorie eventuali previsioni di ricadute positive dei suddetti istituti sul potere contrattuale dei soggetti in cerca di impiego e sui livelli retributivi degli attualmente occupati. Più probabilmente, il combinato disposto di precarizzazione e reddito di cittadinanza risulterebbe di incentivo al lavoro nero (per non perdere il sussidio), alla sotto-occupazione, alla svalutazione salariale.

Come una muta di cani di Pavlov affamati e bene addestrati, gli elettori continuano a rispondere alle episodiche chiamate alle urne non più per esercitare il diritto-dovere costituzionale, bensì per riflesso condizionato dall'assordante campanella della propaganda.

Della democrazia rappresentativa in questo Paese è rimasto soltanto il guscio vuoto.

Le consultazioni elettorali continuano ad essere tautologiche: è evidente che gli allevamenti di voti sono ancora nutriti dai partiti, quanto basta per non far mancare agli stessi il consenso formalmente necessario per perpetuarsi.
Il punto di rottura consisterebbe nella creazione di un conflitto d'interessi innescato da fenomeni di "resistenza costituzionale fiscale" (per violazione iterata e manifesta degli artt. 47 e 53 Cost.).

L'equazione "decrescita = pauperismo" è irresistibile. E' la giustificazione finale dei “salvataggi”, un'arma letale al servizio delle "politiche di austerity".

Il sistema della moneta unica che alimenta l'indebitamento pubblico e privato che mantiene il governo tecnico che utilizza l'apparato burocratico che rastrella denaro dalle tasche dei cittadini può sembrare forte ma in realtà non lo è.
E' soltanto rigido, e ciò che è rigido facilmente si può rompere.

L'EuroSistema trarrebbe indubbio beneficio dall'esistenza, nei Paesi della periferia, di forze politiche o movimenti in grado di raccogliere, incanalare e infine spegnere la protesta contro bersagli secondari o apparenti.

Al Sistema un po' di antagonismo fa sempre comodo, serve a inscenare la parvenza della democrazia, l'importante è che l'opposizione non esca dal solco che il Sistema ha scavato per lei.

Pressione fiscale al 100% per mettere in ordine i conti pubblici: la troika esprime parere favorevole, il governo procede per decreto, i partiti preparano la campagna elettorale di protesta.

Cipro, Grecia, Slovenia, Italia..l'Euro è fallita, tranne per chi ha lucrato su di essa.
Non esiste, a cominciare dalla Germania, nessun progetto, nessuna volontà di unione fiscale, economica, politica dei Paesi coinvolti, solo meccanismi di indebitamento del vicinato, restituzione del debito, impoverimento, nuovo indebitamento.
La dissoluzione della moneta unica si trascinerà dietro quella dell'intera Unione Europea.
La Germania sarà chiamata ad assumersi la responsabilità politica e morale dell'escalation della tensione.
Ne dovranno rispondere, per la loro imbelle sudditanza, anche il Governo e il Parlamento di questo Paese.

Dando alle cose il proprio nome: colonizzazione per via finanziaria.

Sarebbe irrazionale anche solo pensare di uscire dall'Euro. Curioso come coloro che ogni giorno lo sostengono, siano gli stessi che al contempo si aggrappano al seguente "argomento da ultima spiaggia", con buona pace del principio di non-contraddizione:
"L'Euro è una costruzione sbagliata, ma persistendo in essa risolveremo i nostri problemi. La strada errata, percorsa sino in fondo, ci porterà a destinazione."

C'è qualche politico che possieda la lucidità e il coraggio di porre pubblicamente quella domanda che è la madre di tutte le domande?
Perché questo Paese è entrato nell'Euro?
E' impossibile trovare le risposte giuste, se prima non vengono poste le domande giuste.

Bisogna capire se chi sostiene di volere cambiare il Sistema in realtà si accontenta di cambiare soltanto le figurine che lo interpretano.

Sotto l'egida UE, i governi nostrani incaricati della curatela fallimentare stanno perfezionando la particolarissima miscela di statalismo estremo (stato di polizia fiscale, tutela degli apparati partitici e burocratici) e radicale antistatalismo (tagli alla spesa pubblica scolastica e sanitaria, mercato del lavoro selvaggio, svendite massive del patrimonio pubblico; di capitalismo (sostegno al sistema bancario-finanziario) e anticapitalismo (annientamento sistematico, a mezzo di esproprio fiscale, del ceto medio e delle PMI).

In questo Paese le parole "destra" e "sinistra" sono state talmente manipolate, mistificate, svuotate di senso, ridotte a cliché per spartirsi l'elettorato, a fronte della sostanziale indistinguibilità dei cosiddetti programmi dei partiti politici, che si dovrebbe eliminarle dal vocabolario e bandirne l'uso per sempre.

Si vuole una mappa completa e dettagliata dei poteri forti che imperversano in questo Paese? E' sufficiente scorrere l'elenco degli enti esentati dal pagamento dell'IMU.
Il principio generale dell'esenzione risiede nell'uso dell'immobile per attività non a scopo di lucro. E già qui non ci siamo: perché quale sarebbe la finalità di lucro della prima casa, soggetta a IMU? Forse offrire un tetto sotto il quale vivere?

Le nostre città sono piene di appartamenti tenuti vuoti, in attesa di essere (s)venduti. Si tratta nella maggior parte dei casi dei risparmi di una vita investiti in quello che una volta era considerato "bene rifugio".
Lo scopo della distruzione del mercato immobiliare (compravendite e locazioni), operata attraverso una vessazione che non ha eguali al mondo, non è soltanto quello di rimpolpare le casse dello Stato, bensì anche quello di spostare enormi somme di denaro mettendole nella disponibilità e sotto la gestione delle banche, come risultato della svendita forzata di case da parte di proprietari che non riescono più a mantenerle, e della parallela sottoscrizione obbligata di mutui da parte di chi non ha l'affitto come alternativa concreta.
Perché aiutare e promuovere in maniera efficace il mercato delle locazioni, sia per i proprietari che per gli inquilini, visto che la banche non avrebbero nulla da guadagnarci?

Sua Incostituzionalità IMU viola apertamente gli artt. 47 e 53 della Costituzione.
E come tutte le imposte sbagliate nel Dna, ha questo di particolare: più ci si scervella per fare finta di "migliorarla", più si riesce solo a incasinarla ulteriormente.

A che cosa serve fare opposizione politica?
A lamentarsi e sbraitare dagli scranni del Parlamento, dopo che per l'ennesima volta si è arrivati in ritardo, o si è impotenti, o si è incapaci di intervenire preventivamente?
Quante forze politiche hanno recitato in passato una parte analoga?
E che fine hanno fatto?
Naturalmente sono tutte scomparse, senza un lascito degno di memoria.
Oggi le chiacchiere stanno a zero.

Che ogni cittadino scolpisca nella propria coscienza queste parole:
Il tempo della delega in bianco deve finire ora.

Sempre più si dovrebbe essere attanagliati da un interrogativo, che non è tanto SE l'Italia uscirà dall'Euro, e neppure QUANDO uscirà, ma COME uscirà, anche se in realtà il COME uscirà è la logica conseguenza del CHI gestirà l'uscita, ed è esattamente questo che dovrebbe attanagliare.

Il potere monetario deve tornare nella mani della politica, cessando di essere quel "quarto potere autonomo" non previsto dalla Costituzione. Benissimo: ma nelle mani di QUALE politica?

Per un nuovo inizio servono menti nuove, un nuovo linguaggio in cui pensare, forse persino corpi nuovi, pronti a rendere possibili e prossimi obiettivi che paiono irraggiungibili.

venerdì 12 luglio 2013

All'Orizzonte c'è Forza Italia Reloaded. E non sarà un nuovo 48.

Ancora una volta, le dinamiche fondamentali della politica italiana si collocano in un Luogo Altro rispetto alla narrazione mainstream dell'attualità, ovvero agli ossessivi ritornelli sul "più Europa", alle scaramucce sul punto percentuale di IVA e sull'IMU prima casa in vista degli "esami di riparazione di settembre", agli aggiustamenti cosmetici su disoccupazione e lavoro. Perché è esattamente di questo che si tratta: continuano a incaponirsi (nonostante il pregresso, o proprio sulla scorta di esso?) nell'investire le risorse (esigue, tanto per cambiare) sul versante dell'offerta (incentivi alle assunzioni), con inevitabile impatto infinitesimale sull'occupazione, mentre dovrebbe essere chiaro persino a loro (e il sospetto è che lo sia, ma che preferiscano continuare con la cortina fumogena) che occorre incidere sulla domanda (aumento della capacità di spesa collettiva).
Ma veniamo a questo Altrove...

Orizzonte48 registra il "florilegio di prese di posizione" nel quale si manifesta "la strategia di riposizionamento "preventivo" del PUD€ dissidente". Estendendo il concetto e prendendo in prestito una recente tassonomia pentastellata, si distingua dunque il Pude talebano (centro-sinistra) dal Pude dissidente (centro-destra).
Sempre di Pude si tratta, come testimoniano vent'anni di alternanza "bilanciata" al governo del Paese, culminante nel sostegno congiunto al Governo Tecnico del "salvataggio" e quindi, accantonata definitivamente qualsiasi remora, nella coabitazione esplicita delle Larghe Intese.
E' tuttavia da mesi ormai che B. tasta il terreno elettorale, dalle colonne di "Libero" e "Il Giornale", sul tema "anti-europeismo" e, avendo compreso che il terreno è diventato fertile, si appresta a cavalcare l'onda montante.
Il Piano B - l' "Exit Strategy" dall'Euro - sta diventando il Piano di B.: dare vita a una nuova configurazione di "Forza Italia", una Forza Italia Reloaded questa volta in chiave fortemente anti-europeista, è questa la Grande Carta che B. conta di giocare per vincere facile alla prossime elezioni politiche.

Ecco, nella "visione anticipatrice" di Voltarepagina, i tre passaggi fondamentali attesi nei prossimi mesi.

1) Dopo gli ammiccamenti, è arrivata la dichiarazione d'intenti.

Orizzonte48 ne estrae la quintessenza, che di Forza Italia Reloaded è già il programma elettorale, e tra le righe, anche il programma post-elettorale. Nella dichiarazione d'intenti viene scritto:
"...il Cav guarda i sondaggi, capisce che la maggioranza assoluta degli italiani non si fida dei modi in cui le classi dirigenti hanno impostato l'economia della moneta unica, non vuole correre inutili e controproducenti avventure, ma in pari tempo si domanda se per risollevarsi non sia necessario un ripensamento strategico all'altezza dei casini che percorrono economia e società italiana. Tornare unilateralmente alla lira sarebbe un suicidio, non lo hanno fatto nemmeno i greci con la dracma, e sarebbe stata una scorciatoia per quanto illusoria. Ma mettere in discussione l'euro, i patti che lo hanno fatto nascere, le regole che ne fanno un cappio per certe economie, per certi sistemi di produzione e consumo, questo è il tipico ragionamento non ortodosso, da outsider, che un leader come Berlusconi ha in mente, e sul quale sta lavorando studiando e consigliandosi con gli imprenditori ed economisti di cui si fida.Berlusconi è un tipo che non si è mai fatto ricattare dall'ortodossia e dalla corrente convenzionale del pensiero unico. In questo è perfino esagerato, basti pensare alla surreale trovata di perorare la restituzione dell'Imu, una tassa per la quale obiettivamente basta e avanza una sospensione oggi e una ristrutturazione intelligente domani, qualunque sia l'opinione autorevole del Fondo monetario internazionale. La sola idea che sia proibito per dogma ideologico agire liberamente per un'Europa compatibile non con il nostro debito pubblico, al quale dobbiamo provvedere con tenacia, non con i nostri problemi strutturali, che hanno bisogno di riforme, ma con il futuro della nostra economia e del nostro sistema finanziario, questa sola idea induce un leader come lui e il suo blocco sociale, con gli interessi rappresentati, a esaminare in ogni dettaglio l'ipotesi di uno strappo, che poi è la versione realistica del braccio di ferro."

2) Le prove generali di Forza Italia Reloaded potrebbero concludersi entro l'anno; alla prossima campagna elettorale per le politiche, il centro-sinistra, con annesso M5S, si troverà stretto all'angolo.
Nulla di nuovo, tutto sommato, per il Pd; per M5S sarà invece un brusco risveglio. Pagherà a caro prezzo il perdurante stato confusionale, peraltro costellato di derive "pro-Eurolandia". Come considerare altrimenti i reiterati appelli da parte di Grillo alla (secondo lui) necessità ineludibile?
"Non c’è scelta. Il debito pubblico va ristrutturato. Gli interessi annui divorano la spesa sociale, gli investimenti, la ricerca. E’ come nella Storia Infinita, dove il Nulla divorava la Realtà: l’interesse sul debito sta divorando lo Stato Sociale. Si può rimanere nell’euro, ma solo rinegoziando le condizioni. O attraverso l’emissione di eurobond che ritengo indispensabile o, in alternativa, con la ristrutturazione del nostro debito, una misura che colpirebbe soprattutto Germania e Francia che detengono la maggior parte del 35% dei nostri titoli pubblici collocati all’estero."
E' vero piuttosto il contrario: ristrutturare il debito pubblico in qualsivoglia forma esplicita (ufficializzando ad esempio, sui titoli di stato attualmente in circolazione, il taglio dei rendimenti, o del capitale a scadenza, o aumentando la durata a parità di rendimento), nel sistema Euro per giunta, equivale a un suicidio collettivo annunciato.
Per curiosità, quale sarebbe il valore dei suddetti titoli sul mercato secondario il giorno successivo all'annuncio, o il premio al rischio sulle nuove emissioni in asta?
Inoltre: come Grillo stesso ammette, il 70% circa del debito pubblico è detenuto da soggetti italiani: sono loro che pagherebbero il conto più salato della ristrutturazione.
Ancora: si ha quasi la sensazione che l'obiettivo di certi sermoni millenaristi sia quello di tirare la volata all'EuroSistema, mettendo definitivamente il Paese nella condizione di essere costretto sul serio a richiedere il"salvataggio" del MES.

Se il Piano B. (di Beppe) è questo, alle prossime elezioni politiche Forza Italia Reloaded ruberà agevolmente scena e voti ai pentastellati.

3) Poiché Forza Italia Reloaded E' PUR SEMPRE PUDE, dopo avere ottenuto la maggioranza parlamentare a mani basse, negozierà il disinnesco dello stesso anti-europeismo di cui in apparenza si è resa, fino al giorno prima, portavoce a muso duro presso la UE, alzando l'asticella per stringere un nuovo e più ambizioso patto di non belligeranza con la controparte: è questo, subito dopo le implacabili parole di denuncia, subito dopo la minaccia neppure troppo celata di fare saltare il banco, lo spiraglio politico, il percorso che si vorrà rendere obbligato, a cui sembra alludere il suddetto documento programmatico:
"Mario Draghi, i tedeschi più accorti e meno arcigni nel perseguimento dei loro interessi nazionali a scapito della coesione europea, e gran parte delle classi dirigenti, perfino una parte della sinistra in molti Paesi dell'area euro, lo hanno capito benissimo. Non è questione di aspettare il risultato delle elezioni in Germania, magari per vedersi concessa una qualche deroga, non è quello il problema. Ci vuole una nuova convenzione, un nuovo patto costituente dell'Europa unita che corregga aspetti fondamentali della recente storia dell'euro, al di là dei moralismi e dei sensi di colpa o delle paure ataviche che percorrono l'Europa e rincorrono tendenze inveterate all'egemonismo. Un sistema monetario più flessibile per una casa comune in cui non ci si senta prigionieri: a questo, tenendo in gran dispetto i richiami all'ordine dei soliti conformisti, e preoccupandosi delle angosce degli italiani e della necessità di darsi da fare per trovare una soluzione strategica valida per tutti gli europei, sta lavorando, senza colpi di testa, Silvio Berlusconi." 

Ragione per cui, allerta sovranisti: "Forza Italia Reloaded is coming to town".