lunedì 22 luglio 2013

Il futuro della Grecia è Omero

Ovulo dell'Occidente, destino dell'Occidente
le tue rive sono lorde di mare purpureo
l'alba sull'Acropoli è macchiata di sangue
la tua terra non è più terra, ma spazio aperto
le pietre lo attraversano e cozzano sugli elmetti
cadono nella polvere, li colpiscono ancora
strappano vita con le unghie, cadono infine nel fragore.

A Bruxelles intanto brindano, al grande successo dell'euro.


Contrapporre al memorandum della Troika confezionato per i servi di Grecia, all'insediamento dei funzionari di Bruxelles come padroni di casa in vista degli imminenti saldi di fine stagione, un orgoglio antico, capace di incutere un nuovo timore e una nuova venerazione; lanciare ai colonizzatori odierni un monito di grandezza e potenza, remoto e al tempo stesso prossimo venturo...

E' questo il risveglio che può essere donato, a tutti coloro che non possono non dirsi Greci, dall'Iliade di Omero.

Si compia dunque la discesa nel magma del grande poema, nella visione febbricitante e anatomica di Antonio Moresco ("Lo Sbrego", 2005 Scuola Holden BUR, pp. 37-42).

"
... E Mundio colse dappresso,
all'orecchio con l'asta: dall'altro orecchio di colpo sortì
la punta di bronzo; al figlio d'Agènore Echeclo
calò in mezzo alla testa la spada dalla grand'elsa,
e tutta intiepidì la spada di sangue; per gli occhi
lo prese la morte purpurea, la Moira crudele.

E ancora a Deucalìone, dove s'uniscono i tendini
del gomito, là il braccio passò con la punta di bronzo;
s'arrestò quello col braccio fatto pesante,
e vide vicina la morte; Achille con il pugnale gli troncò il collo
e lungi con tutto l'elmo gettò il capo; il midollo
schizzò fuori dalle vertebre e il tronco giacque a terra disteso.


... così sotto Achille magnanimo i cavalli unghie solide
calpestavano insieme cadaveri e scudi; l'asse di sangue
era tutto insozzato e le ringhiere del carro,
che colpivano schizzi da sotto gli zoccoli dei cavalli
e dai cerchioni; così ardeva di conquistarsi gloria
il Pelide, lorde di fango sanguigno le mani invincibili.


Questo modo supremo di raccontare per fulminazioni e per urti e per abbandoni cruenti e immobilità e accelerazioni. Il quadro immobile, dilatato e compresso, tutto attraversato dal dinamismo delle passioni, dei desideri e dei sogni. Il cozzo e la fusione e l'incontro delle materie corporee psicofisiche nella tragedia vivente dei corpi singoli separati. La tragedia della molteplicità e dell'unità. La freccia che vola. La punta della lancia percepita fin dentro il cuore appena sfondato.

Diede fragore cadendo, l'asta restò infissa nel cuore
che palpitando faceva vibrare il piede
dell'asta.


Grande Omero! Io mi dispero, perdo quasi i sensi se penso alla rapina di tempo e spazio su cui è stata costruita la cosiddetta civiltà umana, che adesso stiamo vedendo mentre sta sbattendo la testa contro il muro del proprio spazio-tempo immobilizzato.

Disse e meditò con ignominia contro Ettore glorioso:
gli forò i tendini dietro ai due piedi
dalla caviglia al calcagno, vi passò due corregge di cuoio,
lo legò al cocchio, lasciando strasciconi la testa,
e balzato sul cocchio, alte levando le nobili armi,
frustò per andare: vogliosi i cavalli volarono.
E intorno al corpo trainato s'alzò la polvere: i capelli
neri si scompigliarono; tutta giaceva in mezzo alla polvere
la testa...

"

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