La giovane donna depressa aveva trovato il modo di riempire con il lavoro la quasi totalità delle ore di veglia, per quanto giudicasse l’ambiente nel quale alcuni anni addietro si era volontariamente rinchiusa ripugnante e ottuso oltre ogni possibile descrizione. Tuttavia, segregarsi il più a lungo possibile nel posto di lavoro, per quanto si trattasse di una reclusione spaventosa e ipocrita (aveva finito con l’ammetterlo, con le lacrime agli occhi, nel corso di una seduta di psicoterapia nella quale ricordava di avere sollevato e spostato dentro di sé, per lunghi interminabili minuti, blocchi di sofferenza psichica pesanti come macigni), era in ogni caso, per la giovane donna depressa, preferibile rispetto a quella spirale autodistruttiva del pensiero rappresentata dalla questione della cosiddetta occupazione del tempo libero.
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